stamattina, come in Africa

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Come certe mattinate d’Africa, dopo il primo canto del muezzin, quando non dormi perché sotto la zanzariera è caldo e senti che appena fuori spira una brezza sottile. E allora ti alzi, e vedi una luce ancora sospesa, le finestre aperte, senti i rumori della fatica di chi già lavora attorno. Ed è tutto sommesso, anche il tetto che nella notte è stato pieno di zampette e fruscii, tace, ma non la foresta, non gli alberi pieni d’uccelli, di grida, di colori che volano, di ombre marroni che si muovono veloci. Sopra, il suono, a mezzo, la quiete della luce già incipriata di pulviscolo, e sotto gli uomini. E ti sembra che da quella luce sottile, da quella brezza leggera, venga un’energia che scende nel profondo. Poi ci sarà il caldo, il suono diventerà rumore, verrà la fatica, ma in quella luce sospesa c’è l’universo che ogni giorno rinasce.

E’ per questo che viene il bisogno di andare.

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