Finisce la triste stagione

Dopo giorni di pioggia,

il sole accarezza bianchi piccoli fiori:

tra foglie, il gelsomino rifulge, 

la lucertola annusa

e veloce scompare.

Sopra l’orlo dei tetti, trabocca

profumo ancora insicuro,

e nel cielo d’ uccelli e nuvole bianche,

sono attimi di piccola, intensa, felicità.

il moto dei gas e l’illusione del movimento

Le foglie mostrano palmi lucidi d’acqua. E’ quasi sera, riflessi di lampioni sulle pozzanghere, lampi di luce mossa dal vento. Sull’asfalto nero d’acqua, emerge il bitume. La polvere se n’è andata e i fiori colorati disegnano con le piccole foglie, vortici di lettere misteriose. Tutto dovrebbe rallentare per capire, per lasciar parlare le cose, gli uomini. Anche l’entropia (nome nobile del degrado e della putrescenza), ha bisogno d’attenzione non scontata per rallentare.

In questo muoversi di materia che attorno cangia e si trasforma, possibile che solo i nostri piedi prestino attenzione, ma per non scivolare?

Ci meritiamo ciò che sentiamo, ciò che vogliamo sentire, ciò che ci corrisponde, desideri e piacere compreso, ma non siamo sempre stati così. Lo sappiamo quando s’avvicinano le feste, quando il vuoto si fa largo dentro e la disattenzione si ritorce su noi, sulla nostra capacità di sognare. Disattenti a noi anzitutto, disattenti a ciò che ci sta attorno, a poco a poco ci siamo chiusi nella certezza dei nostri affetti più cari e resi impermeabili al mondo. Non ci era richiesto, si poteva conservare gli uni e la capacità di vedere il mondo, di rispettarlo. La cecità progressiva, invece, spinge su una china in cui tutto sembra essere bianco o nero, successo o fallimento, indifferenza o folgorazione, mentre attorno le sfumature di colore pian piano evolvono in un mosaico transitorio di sensazioni, fatti, sentimenti che si perdono.  

Sembra che il nostro muoversi muova il mondo, in realtà transitiamo e della nostra presenza resterà ben poco, se non rallentiamo il tempo.

Moto di particelle in un contenitore che si muove per suo conto.