la lettura per l’estate

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Cominciava appena dopo il Santo, il tempo sconfinato dell’estate. Era finita la scuola, i verdetti si sarebbero visti a giorni, ma la porta del far nulla operoso era già spalancata. C’erano quartieri della città, anche in centro, che erano un paese. I ragazzi sciamavano assieme. Poco divisi per età, quasi tutti ruotavano attorno al patronato e ai campetti dove si giocava a carte e a calcio. Io abitavo in uno di quelli ed eravamo bravi ragazzi. Anche quelli che eccedevano nelle sciocchezze, lo erano, c’ avrebbe di lì a poco la vita a separarci. Il discrimine era il censo e i 15 anni, chi continuava ad andare a scuola, chi al lavoro, chi stava bene economicamente e chi no, chi cresceva in mezzo alle timidezze dell’età e chi le avrebbe superate d’ un balzo e magari finendo in riformatorio.

In quell’estate che sta cominciando, ho 13 anni da poco. Luglio sembra lontano e settembre in un altro anno, fa molto caldo e si va a nuotare alla Rari Nantes, la sera si esce fino a tardi, i pomeriggi sono un prato infinito di possibilità e di noia. Ho già l’abitudine di leggere assai. Molto Salgari e molta fantascienza. la biblioteca Salani, i classici per ragazzi, che rileggo, i promessi sposi di mio fratello, che mi sembra un bel romanzo, London, Stevenson, Verne, Dumas, Molnar, qualche inglese strappalacrime, insomma una macedonia di parole. Ho amici coetanei e più grandi. Gli amici a quell’età insegnano perché si ha fame di apprendere. E apprendo, quello che mi fa bene e anche altro. Funziona l’emulazione oltre che la competizione. Si prova fino appena oltre il limite del coraggio.

Ho un amico parecchio più grande che mi da lezioni di francese. Studio niente, solo quello che m’interessa. E i “risultati” si vedono. Basterebbe poco, ma a me sembra tanto. Da lui sento che andrà in montagna. I democristiani andavano in montagna, i comunisti al mare. Io andavo al mare, ad agosto, i miei erano comunisti. Mi dice che porterà con sé, due romanzi grossi. Di quelli che si leggono d’estate. Dice proprio così. Fino a quel momento non ho fatto differenze, a me interessano le storie e se durano più a lungo, meglio. Capisco che crescendo, possono cambiare gli usi del tempo: romanzi brevi durante l’anno, lunghi e impegnativi d’estate. Il tempo della lettura per chi fa il suo dovere è nel riposo. Io che il mio dovere non lo faccio proprio, leggo seguendo la voglia. E’ quasi una lezione di morale applicata all’età, il premio ce lo si elargisce dopo aver fatto ciò che si deve. Insomma scopro un controllore interno che prima non mi pareva esistesse. Devo dire che il controllore ha funzionato come voleva, poi, negli anni, forse era guasto. Il mio amico leggerà Il cardinale di Robinson e forse un nuovo libro di Cassola: la ragazza di Bube, oppure il romanzo di quel tedesco comunista: il tamburo di latta di Grass

Ci sarà da riflettere e discutere. Così dice. Mi piace questa idea che finita l’estate si possa discutere di quello che si è pensato dopo aver letto, ma non è il mio caso. E mi vergogno un poco a dire che leggo gli orrori di omega, il pianeta impossibile, le sirene di Titano, fanteria dello spazio, ecc. ecc. e che mi piacciono pure molto. E così non lo dico.  La sua casa è fresca, è dentro un vecchio palazzo. Mi pare che con quel fresco potrei anche uscire di meno, se avessi da leggere. Si potrebbe essere autosufficienti con la fantasia, se si avesse da leggere. Rimugino. Mi piace questa idea dei libri grossi, ma non durerà molto in testa, perché quell’estate è speciale, per il sole, le corse, il mare, i giochi, i pensieri nuovi.

L’estate attende appena fuori. Predomina il caldo e la pelle che si abbronza, i giochi di carte che fanno un po’ adulti, il molto parlare assieme prima dei silenzi dell’adolescenza, il gioco. L’ultima estate bambina prima dei pensieri più ricchi di desideri difficili da maneggiare. Però, da allora, in estate leggo un grosso libro. Li leggo tutto l’anno, ma quello d’estate è quasi un rito, come ci fosse qualcosa che mi riporti ad allora, all’imparare a pensare e poi discutere. Come una spinta in avanti in mezzo all’ozio e al far nulla. Un tempo utile a me. E a chi sennò?