Alla cassa dell’autostrada, seguendo i pensieri, dissi ad alta voce: non basta mai. E il casellante rispose, a chi lo dice? Non parlavamo della stessa cosa, a me venne da ridere e lo ricordo ogni volta che non basta mai, perché ci sono stati dell’essere, così felici che non si saturano, bisogni che restano tali e sono un modo singolare della vita. Gli innamorati conoscono bene questa furia necessaria d’altro, una sete che lascia sempre il senso dell’insufficienza. E così ogni saluto è una piccola disperazione, l’attesa prolunga il tempo, lo sfilaccia in frange di vissuto indifferente.
Tu mi basti e non basta mai. Chi può dirlo è fortunato, eppure non lo sa davvero, sente l’assenza e non la magia della mancanza, del vuoto che significa bisogno, desiderio che non si esaurisce. Merita il cibo chi ha fame, per questo il bisogno, il desiderio dovrebbero controllarsi a vicenda, non essere in noi un tumulto che vuole uscire e gridare la sua diversità, ma un fiume che spinge. Torno spesso su quest’idea del flusso, mi è cara perché è ciò immagino della vita e siccome si vive per antinomie ed ossimori (anche), cos’è più singolare del provare sete dell’altro sinché si è all’interno di un fiume?
Non basta mai è ancora scevro dalla proprietà, è il bisogno della conoscenza e dell’amore. Che strano, vale per qualsiasi passione questa bulimia del possedere senza possesso, il bisogno di essere più compenetrati dall’altro, di avere di più per essere di più. E si percepisce l’altro come illimitato, non si esaurirà mai, è un continente che si apre. Se ci pensate vale ovunque ci sia una passione vitale, è indifferente alle classi sociali, alla condizione, lo sente l’uomo di cultura e l’illetterato, l’adolescente e il vecchio, lo scrittore, l’artista, lo scienziato, insomma l’uomo che è nella passione. Questo bisogno, per gradi, s’ insinua e genera una richiesta ulteriore, di vista, di parola, di senso, di profondità. Sensibile e immateriale assieme, soddisfa e genera bisogno.
Non basta mai, dopo l’impeto del tumulto diventa placido nella pianura del vivere, gonfio e sorpreso di sé, e scopre il suo bisogno d’altro. Che sia questo ciò che si confonde con il per sempre? Il non basta mai non si esaurisce, confluisce in una conoscenza fatta di consapevolezza e si trasforma. E’ diventato altro, si guarda, e nei casi migliori è conscio di non possedere perché ha trattato e tratta la bellezza. E’ felice di avere ciò che gli consente di procedere, di riscoprire nei dettagli, e ciò che prima era sfuggito nella voracità diventa prezioso. Quanto è stato lasciato indietro, incluso nello sfolgorio del bisogno, come riluce adesso che con la calma si vede ciò che sembrava celato. Eppure era alla vista, chiedeva d’essere solo riconosciuto. Dal non basta mai alla meraviglia del continente che non si scoprirà tutto, la sensazione che mai si riuscirà a percorrere una passione interamente. E’ la consapevolezza dell’ignoranza che toglie la fretta al non bastarsi : ce n’è fin che vuoi e vorrai.
Non ti basterò mai finché mi cercherai. Non funziona sempre così, spesso è il presente, la passione, l’abbaglio a prendere per mano e ad esplorare con furia. Altra modalità del vivere. Coesistono, a volte accade l’una, a volte l’altra, a volte assieme, ma è il tempo a fare da crivello, ciò che resta non basta davvero mai. Sbaglia chi pensa che i ricordi, le persone si esauriscono in sé, c’è una porta rimasta aperta, una luce che filtra, un percorso che è continuato, ciò che siamo è la somma di ciò che non è stato assieme al poco che davvero è stato. E’ ciò che non è bastato che ci ha segnato e ci segna. Beato chi davvero chiude, il sazio che incurante si abbevera e poi continua immemore. Beato oppure monco di una sensazione di infinita dolcezza qual’è quella di guardare nel vuoto e vedere altro? Il bisogno e la sua soddisfazione, l’opera d’arte come metafora della vita, e quale opera si può davvero sentire conclusa? Per questo anche quando basta, ciò che conta non basta mai.
