Nel nome c’era il filo delle voci state,
le stesse che avevano portato rose
in altri giardini,
e poi un risuonar di passi, di memorie,
lo scricchiolare dei mobili amati,
nelle nuove mura.
Occhi aperti nelle notti
srotolavano racconti,
pergamene del senso d’una storia
ricca di cancellature,
d’omissioni comunque dolorose.
Cosa univa il taciuto
se non l’ombra dei fatti,
il rimasto dei sogni
impastato nel futuro
e poi legato dalle cose semplici,
presidi nell’affetto…
Belle come foto sciupate dalle dita,
stavano le storie,
e il sudore senza traccia al giorno
portava fuori d’ogni finestra,
era lo sguardo al cielo
e nella sera grida di rondini
che mutavano lo struggere In malinconie.
In questa notte ora annego,
la mente enumera,
annaspa e cuce,
cerca il buono e il bello
che nascosti non emergono:
e gli errori sono poca cosa
per noi fortunati di tempo e luogo.
Oggi nel macello tutto gronda
e non accende la pietà,
soverchia l’umano che sembrava guida.
Non nobis Domine.
Mani si protendono,
prendono la forma muta
delle inascoltate voci,
e tutto si ripete ancora,
in tragedie di suono e amore,
nei volti che non vedono,
in passioni e miserie che riemergono,
sono lacerti di ricordi e di paure,
mai eguali, sempre irti di dolore
e di speranze nuove.
Nei ricordi non c’è l’acuto,
le geometrie d’angoli e dI punte,
tutto si smussa per sopportar l’offesa,
e tra l’altre, quella data e ricevuta,
per questa povera contabilità di colpe
la memoria è fuga dal presente,
dal dolore, e si racconta
che ogni cosa troverà il suo posto,
in fine,
ma non per questo il male
diverrà più lieve.
,
Bella e dolorosa…
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Grazie Marina. Buona notte
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