passerà…

C’è una parola veneta, transete, che probabilmente deriva dal latino transeat, ed esprime il portar pazienza, il farsene una ragione. Credo sia un sentimento comune che, ad onta delle dichiarazioni roboanti della destra, coinvolge il Paese e i suoi abitanti. Però questo attendere che passi, non ha la filosofia e gli occhi antichi di chi ne aveva viste tante e sapeva che anche i forti, gli arroganti, i dominatori, passavano davvero, ma è più una sfiducia sulla possibilità di cambiare. La mobilità sociale non esiste più, i dati sul l’occupazione migliorano ma se si guarda a cosa c’è dietro, oltre al modo di rilevarli ( basta che una persona lavori un giorno a settimana per definirla occupata), c’è un mondo di voucher, di lavori presi e lasciati, di nero, di precariato senza speranza e un terzo dei giovani senza occupazione. Questo non è un dato transitorio, ma ormai strutturale se non si interviene sulle modalità di lavoro. Il sud cresce più del nord, è un buon segnale ma significa anche che il nord non cresce più, che le banche cedono i crediti difficili, cedono i prestiti fatti alle aziende in difficoltà e le condannano a morte. C’è un corpo ferito che aspetta succeda qualcosa che lo riguardi davvero, che il profluvio di parole porti via la spazzatura della corruzione, dei furbi che infestano ogni angolo di vita. Aspetta attenzione questo nuovo proletariato senza prole, ma non fa, non si muove.
Un politico che stimo, ai suoi tempi democristiano, si chiedeva qualche giorno fa, cosa fa la sinistra di fronte ai grandi problemi dell’immigrazione, della povertà crescente, della sanità negata, dell’insicurezza diffusa. Diceva che una risposta la destra la dava togliendo libertà e promettendo l’impossibile a tutti per premiare i pochi, ma mancava la risposta della sinistra, che non può essere che nuova e diversa dal passato. Parlava del PD e il PD non è la sinistra ma al più un centro riformista che contiene pulsioni minoritarie di sinistra. E allora la domanda è: cosa fa il centro riformista di fronte a questi problemi, come pensa di rispondervi? Ancora con un neo liberismo che è l’antitesi del cambiamento reale dello status quo? Molti sono stanchi di parole, di obiettivi fasulli e non può essere il solo sindacato, la CGIL a coniugare la politica alla sofferenza sociale.

La risposta alla precarietà, latita e prende forma l’accettazione di una normalità, dove è solo il merito non il diritto o la dignità a cambiare le vite, è una non risposta perché quella normalità è l’omissione della gravità dei problemi e la difficoltà della loro soluzione. La normalità in un mondo globalizzato e interconnesso, cos’è?
Far finta di niente e sperare che passi, ma se non passa? Una ricetta sull’affrontare l’ineguaglianza crescente, l’impoverimento delle classi medie, l’illegalità e la corruzione come prassi economica e sociale è stata proposta dalla sinistra radicale europea, Pichetty  ha trovato modo di rappresentare correttivi economici in tempi moderatamente brevi. Altra sinistra si sforza nel mostrare una realtà che vuole mutare in tempi lunghi e azioni costanti di riequilibrio sociale, economico. Ma questo elettoralmente non paga, chi vuole passi la nottata, lo vuole subito e soprattutto non ha intenzione di coinvolgersi se non vede certezze nel mutamento. Così il problema non sono le proposte ma quanto queste possano diventare un orizzonte condiviso, un modo per costruire le vite. Ripeto bisogna chiedersi cos’è la normalità e se quella attuale è quella che vogliamo conservare. Questo è il tema della sinistra, anche per tutti quelli che seppelliscono l’insoddisfazione in un’ attesa catatonica di qualcosa che comunque verrà ma non sarà quello che si voleva perché fatto da altri e per altri fini.

P. S. Cara Elly a calcio, in una partita di beneficenza, si può esultare con Renzi ma per fare riforme radicali che cambino davvero la vita delle persone e le convicano che la sinistra è alternativa alla destra, bisogna giocare con altri giocatori.

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