In questo giorno i carri dei fittavoli e dei mezzadri, se l’annata non era stata soddisfacente, andavano in cerca di una nuova casa sperando in migliore fortuna. Perché di fortuna e non di diritto si trattava e se la mezzadria era già un passo avanti rispetto alla servitù, la vita di quelle persone era consegnata comunque all’indigenza, alla fatica, alla malattia, all’interminabile sequela di disgrazie che accompagnavano la miseria. Beppe Fenoglio ne parla in un racconto: la malora, cupo come la sorte che si accanisce, ma proprio l’etimo del titolo è sbagliato perché non si trattava di una condizione momentanea, ma di una vita di stenti e di insulti, di angherie che toglieva dignità alla persona. Le vite si chiudevano in silenzi cupi, con scoppi improvvisi di rabbia (ho raccontato tempo fa del delitto della contessa Onigo da parte di uno di questi quasi servi della gleba) e solo emigrare sembrava dare una alternativa, ma anche in quel caso i pochi che ce la facevano erano accompagnati da tanti che soccombevano oppure proseguivano altrove vite di stenti. Ebbene queste persone desideravano gli stenti e l’arbitrio di casa quando furono in guerra. Perché è bene ricordarlo, la guerra fu soprattutto di contadini contro altri contadini. Persone che guardavano il terreno e ne vedevano i pregi e i difetti oltre a scavarlo di trincee. Persone che conoscevano i nomi delle piante, ed erano in grado di usare gli attrezzi e di farli. Persone messe assieme in una accettazione del destino che investe chi non si ribella, ma che pensavano ai campi e ai lavori da fare a casa, alla miseria che cresceva finché loro erano al fronte.
Le lettere dei soldati dovrebbero essere lette e spiegate ai ragazzi nelle scuole. Credo che non sia rimasta alcuna percezione di cosa avvenne e quanto esso fu disastroso per le famiglie. Piccole prosperità distrutte assieme alle vite, orfani a non finire accanto a non pochi figli nati fuori dal matrimonio. Tutto venne occultato in una propaganda che parlava di santità della guerra e di una sua giustizia che non c’era e non ci poteva essere.
Penso ai comandanti e ai non tanti che vedevano gli uomini prima dei soldati, alla razionalità anche nel combattere contrapposta al puntiglio, che erano posizioni di minoranza di fronte all’inutilità di posizioni da raggiungere e abbandonare subito dopo, alla pianificazione di attacchi fatti di ondate dove gli ultimi dovevano camminare sui morti che li avevano preceduti. Cosa avranno pensato nel giorno di san Martino quei contadini già immersi nel freddo, nella paura di un ordine.
Ungaretti si guarda attorno e usa le parole scabre e definitive della poesia.
Eppure, lo dico per esperienza, se andate a san Martino del Carso non c’è traccia di queste persone. Se andate sulle doline del san Michele, non c’è la presenza di queste vite. Ci sono i monumenti, lacerti di trincea, ma non gli uomini, o meglio non la loro umanità.
Anni fa cercavo un luogo: la dolina delle bottiglie, dov’era morto mio nonno. Volevo rendermi conto di cosa vedeva, se sentiva l’odore del mare, se c’era terra attorno. Pensavo che qualche riferimento l’avrebbe rassicurato anche se non era un contadino. Il luogo non riuscii a trovarlo, non c’era nelle mappe militari, e al più si poteva indicare una zona. Così mi dissero, perché quello che scrivevano nei registri, spesso erano toponimi locali oppure nomi inventati dagli stessi soldati. Ma c’era comunque poca terra, una petraia e finte quote di colline inesistenti. Qualche lapide dispersa sui muri dei paesi. Nessun ricordo. Di centomila morti contadini in un fazzoletto di territorio non erano rimasti che i sacrari e le cerimonie delle autorità.
Ai ragazzi di adesso cosa viene trasmesso di quanto accaduto in quei luoghi, come si riesce a far parlare le vite per non disperderle nel nulla? Credo che l’identità di un popolo sia fatta non tanto della storia, ma della sua umanità. Che se dovessi parlare in una scuola a dei ragazzi delle medie direi loro della sofferenza del non avere identità, dignità. Gli racconterei non dei generali, quelli verrebbero dopo, nella sequela infinita di errori, ma di cosa pensavano e scrivevano quelle persone a casa, perché noi siamo cresciuti sulle loro vite. Gli direi che molti di loro conoscevano la famiglia e la fatica e molto meno l’Italia e che essere liberi, poter scegliere, era un privilegio.
E partirei da san Martino e dai traslochi per dire che un tempo la stragrande maggioranza di chi lavorava la terra e quindi del Paese, era precaria, ma che ci fu un momento in cui anche questa precarietà sembrò una felicità perché le stesse persone stavano peggio. E che san Martino era un militare che tagliò il mantello per darne metà a una persona che non aveva nulla. Era un militare che capiva la miseria e rispettava la dignità.
Sì partirei da questo.
Buon san Martino a tutti.
Caro Willy sono così lontani gran parte dei giovani dalla storia dei nostri nonni .
Storie simili quelle dei nostri nonni , fatte di sacrifici e stenti che duravano tutta la vita . I patimenti durante la guerra poi si raccoglievano solo frutti acerbi e duri , non sfamavano .
Grazie per la memoria soprattutto sociale e umana .
In quei tempi ingrati si era servì a vita ! Mi pare difficile perfino poter comprendere a fondo , anche il pensiero suscita dolore .
Il gesto di S. Martino credo che sia noto anche ai bambini ,nella scuola elementare se ne parla un po’ , è vero che è una leggenda , ma una leggenda che accade . Grazie buon S. Martino
Grazie te Francesca, di San Martino credo parlino poco anche a scuola e tantomeno del suo gesto. E da chi dovrebbe avere l’umanità come prima scelta di vita e pensiero vediamo cosa accade alle ong e ai migranti salvati.
In effetti i miei nipoti non me ne hanno parlato . Io sono preoccupata e sfiduciata per le vite di tutti loro . Un po’ sbarcano in Calabria …e gli altri ?
Che posso commentare ? I fatti parlano in modo chiaro … Umanità inesistente !
Che quelli in mare non sono uomini donne bambini , ma chi è cosa sono per loro ?
Grazie Willy , buona notte
Buona notte Francesca
Grazie Roberto anche a te ☮️
In questa parte dell’America non abbiamo avuto guerre come in Europa. Quindi non abbiamo riferimenti dai nonni in quelle situazioni. Quanto all’atto di San Martino, è un chiaro riferimento a ciò che si potrebbe fare oggi con il caos degli immigrati alla deriva e che l’Italia ha rifiutato ma la Francia ha accettato. In ogni caso, alcuni governi sono insensibili alle persone che partono in cerca di un futuro migliore o che non vogliono continuare a morire di fame nei loro paesi di origine. Un articolo molto illustrativo. Buona domenica a te.
Le migrazioni sono una costante della storia dell’umanità. L’uomo insegue vita è futuro proprio e della specie. Nei tempi ci fu un mutare dell’atteggiamento dei popoli nei confronti del migrare che passò dall’ostilità all’accoglienza. Il patrimonio genetico veniva volontariamente mescolato per non impoverirlo e questo senza che si sapesse cos’era il DNA. La condizione era che chi arrivava accettasse il dominio è le leggi dell’ospitante. In fondo era ed è semplice. Solo l’avidità ha sterminato popoli e distrutto culture, solo l’insaziabile volontà di rendere cosa gli uomini ha tolto loro dignità e ne ha impedito l’apporto al bene comune, ma non durerà. Tornerà a trionfare l’umanità o la specie perirà. Grazie per il tuo commento, troppo spesso si dimentica che il mondo non è la piccola Italia.
È la tua riflessione molto corretta da parte tua. Un abbraccio.
Un abbraccio e un ringraziamento a te 🤗