Scrivere frasi corte, pennellate, fotogrammi, associazioni di pensiero, ricordi e futuri mescolati. In un fotogramma ci sono talmente tante cose che non si notano, clandestini beffardi rispetto al pensiero. Animaletti, oggetti utili all’interrogarsi sul perché c’erano. Nessuno li aveva chiamati eppure assistevano ed erano protagonisti rispetto al focus che doveva essere unico. Per questo i professionisti mettono uno sfondo neutro, ma anche loro non vedono tutto ciò che entra, un dente che sorride, una piega dell’orecchio immodificabile, la disposizione delle scarpe che si intrecciano, affiancano, sovrappongono. Per loro conto le cose operano, almeno in parte.
Scrivere frasi corte senza un significato immediato. Chi non segue, non si sforza, è in attesa d’altro: non capirà mai la complessità. Le parole sono complesse e semplici. Non rispondere subito di sì è quasi un negare che dev’essere dissipato. E se non lo è, il silenzio assente o nega? Usare il silenzio come frase corta.
Un tramonto è un tramonto eppure è colore, nubi, atteggiamento, attesa, nervosismo, stato d’animo, distrazione. Nel fotogramma c’è tutto quello che non si vede, c’è l’atteggiamento del non vedere. Parlare d’altro, del poco attinente, dei progetti tra un’ora, di chi non c’è.
Attenersi è linguaggio burocratico. Immagine di foglio A4 legal, un solo argomento per comunicazione. Paura di confondersi, di mischiare il messaggio. La realtà resta fuori delle pagina, è interpretazione. Per questo le cose non si ripetono uguali e c’è una direzione nei fotogrammi che permette ai particolari di entrare e uscire, di aggiungerne di nuovi, di avere nuove vite mentre nulla si sa delle precedenti. Dove esse siano finite, dove riposano o si dissolvono.
Scrivere frasi corte e rispettare la sezione aurea. Qual’è il posto del particolare nella sezione aurea. E dove il ricordo? Finire con una domanda che ha la risposta nell’incipit. Tu dove sei in tutto questo? Ridurre la frase a tu e non sapere di chi si parla.
Tu.