rapaci di città

Se un falchetto, o una poiana, o un astore, alle 18 di questa sera, facesse il suo mestiere, noterebbe movimenti piccoli, insignificanti come prede. Non vedrebbe la colomba che ha rifatto il nido tra le mie aromatiche perché coperta dal telo messo sulle piante. Non vedrebbe le persone che camminano sotto i portici e si affrettano nel freddo verso qualcosa che li attende. Forse noterebbe i piccioni che si sono stretti in un angolo calduccio tra il tetto e il camino che fuma. Anzi li deve proprio vedere perché nei giorni scorsi nel vicolo c’erano mucchietti di piume, ma adesso è buio e il loro grigio si stempera con la pietra.

Continuerebbe a volteggiare scrutando nell’alito della case e delle vie che illuminano il cielo, e avvertirebbe il freddo gelido che costringe a volare più in fretta, costretto a rifiutare le correnti che intorpidiscono i muscoli, in cerca di quel cibo che per lui è sopravvivenza.

Seguirebbe, forse speranzoso, le scie rosse e bianche che escono dalla città, le auto, gli autobus, i tram incolonnati e fermi. Non vedrebbe le persone chiuse negli abitacoli, ma sentirebbe il brusio di telefonate, di autoradio, di messaggi scambiati. E nel suo cervello di rapace scarterebbe il tutto giudicandolo inutile e non conforme a sé.  A lui servono animali teneri, col sangue caldo e la corsa breve, gli servono per vivere, non sono nemici, non prova astio nei loro confronti, sono cose. Quindi non capirebbe le parole concitate scambiate per telefono, non avvertirebbe i silenzi come minaccia. Neppure attenderebbe guardando nervosamente lo scorrere del tempo. Non avrebbe un desiderio che si scioglie in riso, e neppure un bisogno insoddisfatto. Semplicemente scandirebbe le ore con la vita. E se come adesso, sapesse che parlo di lui, e del suo vivere, se non lo minaccio, gli sarei indifferente: un animale troppo grosso per essere cacciato.

I rapaci vagano sulla città con cerchi lenti, dormono nei campanili e inseguono il cibo che vive tra vicoli e cortili. Al contrario dei gabbiani, sono solitari, non camminano e non s’accontentano e hanno piccoli nei nidi. La notte quando spesso gridano tra i tetti penso che vogliano farsi coraggio perché vedono cose che noi non vediamo e i loro sogni sono brevi.

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