l’età dei sogni

Ho vissuto dentro due sogni, li ho sognati con passione ed abbandono, credendoci, poi sono cambiato con loro che cessavano man mano di essere gli stessi sogni, od almeno così mi pareva. Ma i colori, la forza rimanevano. Sono una persona fortunata, mi piace il futuro, non vivo di rendita su ciò che è stato, ma ho potuto sognare e ancora mi succede. Chi ha avuto un amore è ricco, chi ne ha troppi, a volte, è confuso. I miei sogni giovani erano nati poco prima del ’68, così c’ho creduto subito e ho amato quei giorni, mi pareva d’essere all’interno di qualcosa che mutava il mondo. Mi pareva, anche perché vivevo quel sogno, mi modificava la vita ed io accettavo lo facesse. Mi pareva d’essere situazionista e qualche anno dopo, diventai comunista. Non era un sogno d’accatto, di serie b, era la prosecuzione all’interno di una struttura di pensiero ordinata, del sogno di cambiare il mondo. Forse è difficile adesso spiegare cosa siano stati quegli anni prima del terrorismo, ma c’era l’idea che il mondo potesse mutare profondamente, che parole come eguaglianza, pace, solidarietà, libertà potessero essere attuate appieno. Si discuteva molto, di tutto, si muoveva la vita dal personale al sociale e poi questa tornava indietro, in un flusso circolare che non finiva, ma si arricchiva, ingrossava in continuazione di idee. Molte scelte di vita furono fatte in quegli anni, qualcuno dei compagni più radicali nel cambiare la vita, ancora lo vedo, realizzato nel suo essere davvero alternativo.

Il 3 febbraio del 1991, Achille Ochetto, ultimo segretario del PCI, scioglieva il partito. Era tempo, doveva accadere, ma non si scioglievano le idee, si scioglieva la loro attuazione, la struttura, si cambiavano i fini. Un partito è un’organizzazione con scopi e obbiettivi, in un partito ideologico i fini coincidono con obbiettivi molto alti di cambiamento sociale e individuale.  Bisognava chiarire quello che sarebbe rimasto dei sogni, non fu fatto e ciò che è nato dopo è stato un insieme di tentativi che, partendo dal conosciuto, puntavano su qualcosa che non si capiva bene cosa fosse, la cosa fu per molto tempo il vero nome di quello che non poteva più essere un sogno. Parlare di quei giorni non è facile a chi non li ha vissuti, percorrevo il territorio, partecipavo come relatore di mozione ai congressi, ero occhettiano, mi pareva fosse la prosecuzione del pensiero di Berlinguer, un uomo che avevo amato per la coincidenza tra parola e vita, e volevo cambiare per non rinunciare ai sogni. Ma le lacrime, gli interventi appassionati, le rotture di chi non condivideva, non li ho scordati, erano di persone che non ho smesso di apprezzare e difendere, persone che quasi sempre avevano dedicato la vita ad una idea di cambiamento, di giustizia sociale. Adesso è difficile pensare che qualcuno sia disposto a sacrificare molto per un’idea politica, piegare una vita per difendere un principio, una legge di libertà, opporsi in una città in preda alla malavita, difendere una fabbrica e i suoi lavoratori. Allora accadeva, anche se non si era di quella città, di quella fabbrica, anche se la legge non l’avremmo mai applicata su noi stessi. Significa che i sogni finiscono all’alba, che siamo nel giorno e quindi nella realtà, oppure che ci sarà spazio per tornare a sognare? Io punto sulla speranza che l’uomo non finisca di credere che si può mutare il mondo, essere uguali, avere giustizia. Certo non posso pensare che sarà Monti a farmi sognare, non vedo leader che possano, con la forza della convinzione e dell’analisi suscitare passioni grandi. In fondo anche i tecnici sono lo specchio di questo sonno senza sogni. Però magari un po’ per volta, qualcuno comincerà a parlare del grande inganno che si consuma a carico dei giovani e dei deboli, qualche professore si rifiuterà di essere tranquillizzante con gli allievi, qualche docente universitario ascolterà la miseria giovanile e parlerà diversamente. Non rassicurerà sul merito, non spaccerà la cultura come fattore di successo, ma riporterà le cose nella realtà, ovvero dirà: studiate per capire, ma prendete in mano la società, rendetela più giusta, più eguale, più libera. Fatelo voi, dirà ai giovani, noi ci saremo.

Se saranno molti questi disvelatori della realtà, e se li cacceranno, e qualcuno comincerà a difenderli, allora il mondo tornerà ad essere reale.

E il sogno riprenderà, perché della realtà hanno bisogno i sogni. 

6 pensieri su “l’età dei sogni

  1. Emozionante riflessione, si percepisce che ci hai creduto e che credi fortemente nei tuoi sogni, Will.
    Chapeau!

    Non riesco a concepire una vita senza sogni e non credo sia fuga dalla realtà credere, possedere e fare di tutto per realizzare un sogno, sempre con i piedi piantati in terra, senza perdere il contatto con il reale.

  2. Per una serie di motivi, che non sto qui a dire, mi è tornato in mente mio padre.
    Ma la chiusa la sottoscrivo davvero, “della realtà hanno bisogno i sogni”. E questo mi rimanda anche al precedente post, quello sull’amore. Siamo sempre in una rete posta un po’ al di sotto o un po’ al di sopra di ciò che accade, solo di rado riusciamo a far coincidere sogno e realtà, le parole e i fatti. Adesso mi sembra che ci sia bisogno di fatti che facciano ripartire i sogni e diano potere alla parola.

  3. Mi hai fatto ridere.Come se per i sogni ci fosse età! Solo i “morti” non “sognano” (desiderano) più. Buona serata e…sogni d’arancio.Mirka

  4. I giovani respirano aria dura. Li sento timorosi. Mia figlia giorni fa mi ha
    abbracciato con le lacrime agli occhi. Credo fossero lacrime di commossa riconoscenza per una vicenda che mi ha travolta e che ho cercato di gestire con la forza di alcuni, per me indiscutibili, principi. Il senso del bene comune, di ciò che dobbiamo a questa società. Onestà. I giovani hanno bisogno di azioni. Solo così potranno ancora avere fiducia. Credere che non tutto è perduto. Loro faranno la differenza. Noi ci saremo con le azioni ed anche con i sogni.

  5. mi è facile unire le tue parole alla mia voce silenziosa… trovo molto condivisibile questo post perchè profuma di un vero che inebria più delle non speranze di cui stanno lastricando la salita verso “la salvezza”… peccato non si tratti d’un eremo dove pregare, ma i sogni torneranno ad essere cibo per sentirsi vivi e non soltanto immagini d’apparenza.

  6. @pass: è vero, i giovani respirano aria dura. Non so se siano timorosi, certamente disorientati tra quello che gli è stato raccontato e quello che trovano. Siamo nella stessa realtà, credo tocchi alla mia generazione far qualcosa verso di loro, non raccontargli balle, parlare di quello che vediamo almeno per capire se vediamo le stesse cose. Chi perde qualcosa ogni giorno sono loro, e capirlo è sufficiente per riattivare un progetto, un sogno da condividere.
    @blu: benvenuto 🙂
    credo anch’io poco alla salvezza solo economica, vengono usate spesso parole di derivazione marinara, che evocano il naufragio, la tempesta, come fosse sufficiente una scialuppa oppure un cambio metereologico per rimettere in ordine le cose, invece c’è un paese che perde speranza, che spesso è stremato. Non c’è bisogno di illusioni, ne sono state distribuite a iosa isolando le persone, facendo loro credere che il futuro e il successo sarebbe dipeso solo da loro, con il risultato di separare gli uni dagli altri e di far sentire uno sfigato chi non poteva avere il successo. Ora serve molto più vedere la realtà, sapere che assieme qualcosa si potrà fare e pensare che i progetti si possono condividere.
    @Mora:
    credo che se c’è una cosa di cui si alimentano i sogni è il futuro, e siccome non mi sento prigioniero del mio passato, se dovessi pensare alla vita che comprende il sogno mi piacerebbe essere reduce del mio futuro.

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