
Piccoli dolcetti al cacao si accompagnano al fernet e caffè nella larga tazza. Tra le strette piazzette e nel viale, passano ragazze con vestiti estivi corti e leggeri. Parlano con parole che si di stendono pigre le une sulle altre, ridono spesso. Qualcuna gesticola e si tocca i capelli e il corpo: sta raccontando qualcosa di sé. Gli uomini si fermano rallentando il passo in sincronia con le parole, tra una boccata e la successiva parlano e ridono, ma è una risata meno leggera, pesante di sottointesi.
Il mio sigaro è di dolce Kentucky, poco invecchiato. Lascia un fumo denso e l’ aroma corre nell’aria come un flusso, un ricciolo d’acqua da codice atlantico. Lo seguo con lo sguardo e mi pare un bel momento.
Appena oltre le case, tra i balconi pieni di gerani rossi, s’annida il rumore di chi va di fretta perché ha esaurito l’estate. La città, che è nata dal gioco di un gigante, si incanala tra linee sempre un poco curve, quando è stata scritta, dalle dita possenti di forza e sorriso, ne è venuta una spirale logaritmica e io sono al centro di quel dipanarsi di luoghi che sembra correre verso la periferia e perdersi in un verde confuso con l’azzurro, ma sono anche sulla retta del corso. E lì vedo staccarsi le ore come rintocchi pieni di identità e pensieri compressi in attesa di espandersi nel futuro immediato. Ma è cosa d’uomini e d’animali tutto questo affollarsi di possibilità e accadimenti… mi prendono pensieri quantistici, risuonano le discussioni di Bohr e Heisenberg. Che belle le parole usate per definire ciò che diviene reale solo se osservato, chiamato ad esistere nel momento, in quel luogo e poi liberato da ogni determinismo sino a diventare un tessuto inconsistente che regge la realtà. E penso ai giochi di bambino quando tenendo per i capi un telo si faceva rimbalzare la palla verso il cielo ed essa andava, per una imperscrutabile somma di forze e indecisioni, da una parte oppure da un’altra o da un’altra ancora. Infinitamente indecisa prima di balzare e al tempo stesso pronta verso una nuova possibilità. Così immagino la folla di pensieri e di direzioni non ancora prese attorno a me e le mie stesse, mentre il cielo scurisce e si carica di elettricità. L’aria non vuole cedere al temporale. È così limpida e piena di tanti piccoli suoni tiepidi conosciuti, che si basta. Tutto si accorda nell’attesa di qualcosa, il deciso e la possibilità. E tutti, quelli seduti e quelli che passano, presumono di sapere cosa accadrà tra poco o tanto, ma allo stesso tempo sono attenti ai segni, anche se ostentano una distratta noncuranza. Forse per questa arroganza lieve di un determinismo vitale, o per aggrapparsi a qualcosa di ben noto, si ude il cigolio degli ingranaggi del campanile e si sollevano ironici commenti di sollievo perché le cose sanno far ridere se proseguono nelle parole. E qui c’è un eppure che distrae e si scioglie in uno di quei pensieri che sembrano importanti e si vorrebbe appuntare da qualche parte ma che già nell’indecisione del come farlo, si perdono.
Sono schiuma d’onda che disegna e ridisegna, senza lasciare traccia definitiva, ma tra il rumore secco delle chicchere nel secchiaio del bar, le voci dei passanti e il tintinnare di bicchieri, inopinato risuona alto un evviva! con quel tono squillante che hanno i tenori di coro. Tutti si voltano verso l’indeterminato qualcuno che brinda al momento, alla presenza, a chi paga, e forse anche ai seni della barista. Qualunque sia il motivo si scioglie nell’aria il pensiero d’una carta voltata e mostrata, un arcano maggiore, mentre cadono le prime gocce di tiepida pioggia.
Magnifica la città che vive.
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È vero, respira e sogna. A volte è un sauro acquattato, altre una confusione di onde di luce e di tracce d’acqua.
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La vita che pulsa forte nella tua città . Tra allegorie, fantasiose associazioni di idee , c’è del fascino fino alle prime gocce gocce di acqua tiepida. Felice serata Willy 😉
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La città sussurra, soprattutto di notte quando ha raccolto le parole e i sussurri si perdono nei portici
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