Le pietre sembravano tartarughe assopite nella spiaggia. Le parole dei pochi seduti sulla terrazza, s’ammucchiavano in malo modo, interrotte da silenzi erano fiotti per riempire l’aria. L’aria separa, a volte più del vetro o di un muro, dipende da quanto ci si potrebbe abbracciare, ma questo accade ad alcuni e di rado. Davanti, e a fianco, giaceva la sabbia che teneva ben strette le conchiglie, rimasugli di cose e piccoli pezzi di vetro levigati, da far rilucere al bisogno. Sulla diga passeggiavano, illudendosi d’aver spartito il mare. Nei cuori c’erano sentimenti misti e vari, distratti dal luogo. Quasi nessuno guardava nel posto giusto e di ciò che mancava sembrava non ci fosse speranza di ritorno. Le meduse pulsavano tra le pietre frangiflutti, e a parte qualche bimbo che le additava era come non ci fossero. Eppure mai si erano viste così tante e così vicine. Un pittore dipingeva un capanno con una grande rete. La rete, ironica, lo guardava invitandolo a contare l’aria e a raccontare i fili che cambiavano colore perché in mezzo c’era il sole e nubi assortite come i pensieri di ciascuno. Ma le nubi avevano l’ordine e l’armonia dell’innocenza e così passeggiare era prendere possesso di qualcosa che fatalmente si sarebbe perduto. Ma così distratti e leggeri, a nessuno sembrava di perdere nulla e badava solo a scansare persone e qualche temeraria bicicletta impegnata a non andare in mare.