fare il punto

A volte il silenzio è un perdersi che include sia il trovarsi o l’abbandono. Nasce come una crepa, dapprima impercettibile, che fa risuonare diverse le parole e infine le rende mute o eccessive.

Meglio fare il punto che consente di sapere dove si è e decidere il che fare. In fondo è la stessa strategia dell’inerme e del supponente.

Oppure c’è la troppo difficile arte del rabberciare. Il kintsugi (金継ぎ) degli artigiani zen, che mettono l’oro a ricomporre ciò che è prezioso ed è stato rotto. 

Ma se la pazienza ci assiste, in quel silenzio, che ora nuovo risuona, saldato dall’oro, s’imparano a leggere cicatrici che luccicano come un disegno dell’anima vissuta.

E tutto si muove: nulla è come prima e nulla è peggiore.

E neppure il punto è lo stesso.

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