Ho messo un lume sul davanzale, è santa Lucia.
Senza pensare a significati religiosi, l’attesa di luce travalica ciò che si conosce e sconfina dove non arriviamo. E il bisogno di luce in questo inverno che continua, dentro più che fuori, è forte. Ma non vorrei l’estate e il sole del Riccardo 3°, no, vorrei che i desideri si ordinassero, che il pulviscolo che da troppo tempo ci fa tossire e impedisce di vederci, calasse. E vedere un ordine disordinato alla luce. Un ordine allegro, un posare le armi, un ordine rispettoso dell’altro. Ben visibile.
Vorrei la luce per capir meglio che fare, la luce per riposare. Siamo tutti nervosi, poco attenti a chi pestiamo, non vediamo la rivalsa che porta il tempo distante dalle nostre vite, lo spreca senza utilità e non lo vede scorrere. Ed io invece vorrei veder bene ciò che accade, ne ho bisogno, come ho bisogno di dimenticare le categorie che mi facilitano la vita e mi chiudono gli occhi.
Vorrei la luce discreta dei doni che non fanno invidia, la luce che permette di vivere a proprio modo. Mi servirebbe anche la luce per cogliere la bellezza che c’è dentro e si rintana. E una luce morbida di penombra che sia misericordiosa, per il molto che non va. Chiarezza e comprensione. Lo si può chiedere alla luce?
Se penso a me, non so dove si finisce, ma non ho capito bene quando ho cominciato. Mi pare, vado indietro, ripesco ricordi che, tenuti tra le mani dei pensieri, devo rigirare per riconoscere davvero, il dono della luce forse non li renderebbe più chiari, ma li collocherebbe al loro posto. Com’è giusto sia. E di questo mi pare di aver bisogno.
Allora a quella zona dove non si capisce bene se sia finito il razionale ed iniziata finalmente la speranza, affido la mia lampada per i desideri di questa notte. Non ho fretta, semplicemente attendo un po’ di luce, perché in fondo ciò che serve è riconoscere il buono che verrà.