Tutti son buoni a parlare della poesia della nebbia oppure a parlar male di politica.
Tutti son buoni pure a capire gli amori che finiscono, se non sono i loro.
Tutti son buoni a indicare una soluzione spiacevole, se non li riguarda.
Vi lascio procedere da soli sulla capacità di starne fuori e di dare una mano alla comprensione, ma qualche volta il guardare e il vivere si saldano, diventano partecipazione, perché accade di rado?
Perché rinunciare ad essere poeti, se serve, incazzati e fattivi, se le cose non van bene (e pure quando van bene), educati ai sentimenti (questo è difficile davvero) quel tanto che dia senso alla sofferenza propria, se capita e la renda apprendimento per capire, per uscirne e non per annegare nel dolore senza sbocchi.
Non credo sia solo nostra responsabilità se ciò non accade. Possibile che il mondo proceda a sussulti e che solo talvolta, tutti escono convinti nella piazza, la speranza comune viene riaccesa, si capisce di essere in tanti simili e sopratutto, la sensazione di solitudine, scompare? Possibile che la normalità sia questa lunga sonnolenza sofferente, dove la sensazione d’essere soli predomina e la dimensione personale diviene l’angusta prigione del futuro?
Certo anche quando sembra che tutto debba cambiare, le storie personali restano, i destini si svolgono con le solite gioie e sofferenze, però è diverso. L’epicità di ciò che sta attorno invade il personale, vi faccio un esempio, ricordate la storia di Lara e del dottor Zivago? fuori dalla rivoluzione sarebbe stata non meno sofferta, ma più banale, meno importante per le stesse vite, in quel contesto, invece, spinte innanzi nella storia collettiva oltreché personale.
Quindi vivere in un contesto grande, usare la comprensione di quanto ci sta attorno e partecipare porta a vivere diversamente le vite. Non importa come, ma il sentirsi parte di qualcosa di più grande ci rende poeti per le nostre storie, induce il bello ad entrare. E il bello, con la sua luce, aiuta a trovare la dimensione di ciò che accade. Di ciò che ci accade.
Un detto cinese, nato in una società immota, augurava ai nemici di vivere in tempi interessanti, di subirne la durezza del cambiamento. Oggi, rovesciando l’augurio, ci si può augurare di vivere, partecipando, ai tempi interessanti, di esserne parte attiva, di mutare con essi in positivo.
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Io che sono educata ad essere genuina e vera,non esito a dirti che il Rieu fa schifo ma che “questa” foto mi intriga. Come sempre rispettosamente salutiamo il signore del qui presente spazio.Olà