Non confondo la gentilezza con la bontà, ma so che si vogliono bene e che non occorre essere sempre buoni, basta una volta al giorno. Magari anche due. E per essere buoni basta essere umani: una gentilezza, un ascoltare senza guardare l’orologio, una parola spinta dal cuore.
Essere sempre buoni, è una fatica, un perdere pezzi di sé per strada, quelli normali, d’uso comune e abitudinario e a volte proprio non si riesce. Ma tenere uno spazio dentro e fuori di sé per gli altri, fa bene. Non distacca dal mondo, lo migliora. La vita è complicata, tende a fare scorza della pelle, quindi conservare una parte tenera è cura dell’anima e fa bene anzitutto a noi. Ci fa vedere il mondo sotto un altro aspetto e, in fondo, di questo si ha bisogno: pensare che c’è un’alternativa. Il mondo dei duri annoia quando non fa male, è così prevedibile. La gentilezza no, confonde e ci confonde, come il gesto gratuito, stupisce e toglie qualcosa che appesantisce. E quel pesare non si sa cosa fosse ma, senza indagare troppo, poi c’è una leggerezza che prima non c’era. Insomma ci fa bene la gentilezza, ed esercitarla senza obbligo, è ancora meglio. Perché la gentilezza non è educazione, è quella piccola bontà che ci fa vedere che c’è una persona davanti a noi, con i suoi problemi, la sua vita, i suoi pensieri. Uno di noi.
