difficoltà di spiegare

Lettere in stampatello, un po’ ondivaghe e diseguali, come fanno i bambini che hanno imparato a scrivere, ma non si lasciano andare al mare del corsivo per timore d’annegare nel senso. Conoscere la semplicità e la forza adulta che sta dietro quelle lettere pitturate con cura, guardate a fine opera prima di ripulire il pennello, perché i pennelli costano e vanno ben tenuti, avvertire lo sguardo che sorride muto, perché è tutto corretto e si può mostrare, è una gioia. Il cartello parla di una cosa comune, del suo buon uso, e sapere chi l’ha scritto è un piacere d’umanità. In altri tempi ho visto quegli occhi commossi, le mani grandi attorcigliate d’emozione, per qualcosa che ci riguardava tutti, ed è un privilegio che mi ha fatto capire molto. Lui, e molti altri come lui, uomini e donne, hanno vissuto due vite, una fatta di difficoltà, di affetti, di molto lavoro e sudore da fatica fisica, e un’altra vita fatta di lotte, presenza, volontà di cambiare, non per sé, per tutti. C’è una grande differenza tra la crescita e il successo personale e quello di tutti. E’ una differenza dove una parola desueta , solidarietà, è addirittura coniugata alla francese, e quella fraternità sembra una cosa vecchia, da persone che mettono assieme i loro destini. Forse per questa desuetudine a pensarsi assieme, di certe cose non si parla più. E forse per questo è difficile spiegarla al segretario del pd che punta al nuovo e ha pochi ricordi di lotte, ma è la differenza che sta tra sinistra e centro destra: da una parte si pensa di crescere assieme, dall’altra crescono i singoli. Però chi ha scritto il cartello è dentro al pd e non ci pensa proprio ad andarsene, ha dato fiducia al segretario perché chi vince ha la responsabilità di portare avanti le idee comuni. I segretari non si costruiscono sulle idee, quelle sono il nostro patrimonio, ti spiegherebbe, ma sul modo per realizzarle. E così gli dà fiducia anche se farebbe in altro modo. Quando parla, dice poche cose, così gli guardo le mani grandi e sento che anche loro parlano e ciò che esce fa fatica perché è radicato dentro. Non cambia opinione sul fatto che il giusto debba emergere e debba essere di tutti. E lui sa cos’è giusto e cosa non lo è, chi è debole e chi è forte, dove dovrebbero andare a prendere i soldi e dove invece bisognerebbe portarne. Ha fiducia del segretario, perché di un compagno si ha fiducia. Per questo non saprei come spiegare al segretario del pd che queste persone non si possono deludere, o peggio tradire, che in queste persone sta l’essenza del cambiamento perché sono disposte a soffrire se è per tutti e non solo per pochi. Non hanno mai avuto problemi di identità, sanno chi sono, perché sanno da che parte stare. Penso a questa difficoltà di comunicazione, di ascolto di chi non ha salotti o potere, di fiducia concessa perché un compagno non tradisce. Lo penso finché guardo il cartello, le lettere in stampatello, le loro altezze e righe un po’ ondivaghe. Penso che domani saremo assieme, che ci sarà buon cibo preparato con fatica e allegria, perché a stare assieme in cucina ci si diverte pure, che ci saranno parole e sorrisi, e magari lui si commuoverà perché gli accade quando sente che siamo in tanti e dalla stessa parte.

Sorriderà anche al fatto che invece che mille euro ne basteranno 20 per pranzare e autofinanziare quella campagna elettorale già fatta e perduta, perché tra le tavole piene di gente e importante e queste c’è una bella differenza. Qui i debiti si onorano anche quando si perde, ma l’avversario resta avversario. Questa è la differenza che fa di un uomo un uomo, ma chi glielo spiega al segretario.

lettera al segretario del mio partito

Caro segretario Pier Luigi Bersani,

ciò che sta accadendo nel nostro Paese e’ una grande opportunità. La percezione comune della situazione reale e del futuro personale delle persone, si sta riavvicinando alla politica e sarebbe riduttivo pensare che tutto questo riguardi solo il declino e la successione a Berlusconi. In realtà l’indicazione, che proviene dal Paese, riguarda molto l’opposizione ed il PD in particolare. C’è una richiesta di rimettere le cose a posto, che coinvolge anche la destra, una spinta per uscire dall’ ubriacatura di promesse di questi anni e ridare credibilità alla politica, come gestione e speranza del Paese. Il PD  deve cogliere la novità che emerge e che si esprime attraverso i consensi a molti candidati progressisti, in primis Pisapia e De Magistris. Sono indicazioni che stanno facendo la differenza di questo momento della politica ed aiutano, finalmente, ad uscire dall’aria forzatamente viziata in cui si sono vissuti questi anni. Al PD non sono mancati i programmi, è mancata la sintonia tra le proposte e la percezione degli elettori.

Potremmo fare un elenco alla Quelli che:

  • non ci votano perché ci vorrebbero diversi, 
  • non ci votano perché ci considerano eguali agli altri, 
  • non ci votano perché non si sentono rappresentati da noi,
  • non ci votano perché tanto non cambia nulla,
  • non capiscono gli eterni scontri interni al partito,
  • non capiscono perché il nuovo è fatto sempre dagli stessi,

per riassumere che gli elettori potenziali, non capiscono il distacco tra le promesse di un nuovo modo di fare politica e la pratica gestione nel territorio, troppo spesso continuazione del passato, pratiche e uomini compresi.

Il consenso a questi candidati sindaci che non fanno parte del PD, ma rappresentano la speranza di cambiamento per molti cittadini, è il messaggio che il paese manda a chi vuole cambiare l’Italia. E quindi a noi, per quanto ci riguarda. E quello che personalmente chiedo a te, come segretario del mio partito, e’ di rispettare questo rinnovamento richiesto, di farlo tuo e di tutti noi.

Non mi piacciono gli individualismi, le personalizzazioni di cui e’ stata ricca la politica del centro sinistra in questi anni. All’interno ed all’esterno. E se si facesse ciò che ci insegna il Presidente Napolitano, paradossalmente il “comunista più amato d’Italia”, facendo percepire che il bene comune è il primo obbiettivo, il consenso nei confronti del cambiamento cambierebbe in positivo, radicherebbe fino a guidare il Paese. So che non è cosa facile, che la lotta politica eleva la divisione, ma la prassi dell’integrazione del confronto e del bene comune deve emergere, a partire dal nostro interno, dove molti sono maturi per fare i padri nobili, e adesso potrebbero aiutare a far emergere i successori e i valori comuni.

Comunque se il vento del cambiamento si e’ levato, è anche merito nostro, anche se tutto questo guarda molto al di fuori dai nostri esili confini. I cittadini chiedono -e sono disposti a dare- fiducia, oltre l’appartenza, magari non la capiscono oltre i fatti concreti, ma dimostrano di fidarsi delle persone. Hanno bisogno di risposte semplici a problemi complessi ed adesso, fatto fondamentale, sono disponibili a cambiare. Una nuova generazione di amministratori sta emergendo, considerare che questi sono il fondamento del buon provvedere alle persone ed alla cosa pubblica e’ determinante. Il loro successo è il nostro successo, aiuta a creare un PD del territorio, affidabile, e pulito, in grado di essere assunto nell’immaginario come una diversità della politica.

Questo è quello che a mio avviso, serve.

Non serve inglobare il nuovo che emerge, le persone che hanno consenso, ma mettersi a fianco e dentro il rinnovamento della politica, confrontarsi, accogliere la diversità nel percorso comune. Alludo ai molti che con idee nuove, non importa se del PD o meno, interpretano i bisogni e la domanda di governo, con molti punti di contatto con noi. Penso a Pisapia, De Magistris,Vendola, Renzi, ed ai molti altri che, silenziosamente, senza scrivere libri od apparire sui  canali nazionali, fanno il loro lavoro di amministratori e sono apprezzati localmente. Le primarie, nate con il PD, sono un grande mezzo per far emergere questa sintonia tra territorio ed amministratori. E il consenso nel territorio dovrebbe essere una grande leva di selezione politica, oltre che il test per verificare lo stato delle proposte nazionali.

Ti chiedo di ascoltare ed interpretare ciò che sta avvenendo, caro Segretario, di usare ogni forza interna per mettere il PD al servizio di un Paese che vuole cambiare.

E’ ora di uscire con coraggio da diatribe interne, non di metterle da parte, proprio di uscirne. Tu sei il segretario di tutto il partito, e anche gran parte di chi non ti ha votato, considera chiusa la competizione congressuale. Adesso è ora di essere protagonisti nel Paese. C’è una bella parola che usiamo poco ultimamente: essere al servizio. Non è necessario pronunciarla, quando c’è, i cittadini la capiscono subito, ben più degli inglesismi e dei facili innamoramenti delle politiche altrui. I problemi li conosci, anche le priorità, proponiamo risposte semplici, senza bizantinismi, usando un codice binario della politica fatto di si e di no fermi. Assieme ad altri, puntiamo sulla possibilità di cambiare, adesso si può.