Non vorrei scrivere così tanto e spesso di politica. E neppure sono sereno ed equanime al riguardo. Oggi si è approvata una riforma costituzionale importante, spero che chi l’ha fatta non voglia dirsi padre costituente al pari di chi scrisse la Carta nel 1947. L’Italia esce nei suoi equilibri più sbilanciata e fragile, da questa prima lettura parlamentare e purtroppo difficilmente questa legge verrà modificata nei successivi passaggi. Resterà il referendum. In futuro, con l’italicum, la legge elettorale già approvata alla Camera, che assegna gran parte del futuro parlamento, ovvero del potere legislativo (ed elettivo degli organi di garanzia) ad una minoranza del corpo elettorale, chi vince potrà vincere tutto. Essere controllato e controllore. Era questo che il Paese voleva?
Non ho apprezzato il modo con cui la maggioranza del mio partitto ha condotto il dibattito e il confronto, neppure l’opposizione del m5s e di sel, mi è piaciuta. L’una e l’altra più rivolte alla stampa che alla sostanza delle cose, entrambe accomunate dal calcolo politico a futura memoria più che al risultato in aula. Ringrazio invece i ‘dissidenti‘ per aver rappresentato chi, come me, vuole modificare le cose e dire la propria opinione, lottando fattivamente. A Felice Casson, Vannino Chiti, Walter Tocci, Corradino Mineo e gli altri liberi dissidenti, va la mia gratitudine per la battaglia combattuta anche in mio nome. Da oggi essere dissidente assume una nuova dignità, diventa categoria politica e qualifica chi pervicacemente ribadisce una visione, una alternativa, senza sentirsi minoranza, perché la ragione non può sentirsi tale. Essere dissidente oggi travalica la questione di coscienza, il sentire personale, diventa una possibilità collettiva e libera di far politica, di modificare la società. Un modo per impegnarsi e lottare senza per forza uscire dalla politica e mettersi in disparte o cambiare bandiera. Praticare il dissenso come coerenza a sé e alle proprie idee, praticarlo ovunque, senza pretestuosità e attese personali, andare in direzione contraria per far emergere le contraddizioni e la ragione, diventa categoria collettiva e quindi politica.
In questo giorni ascolto e penso a quanto sta accadendo in Italia e altrove. Non sono pessimista, spero solo che ciò che è sbagliato non sia irrimediabile. Capisco però che continuando a questo modo, non si risolverà molto: il tempo verrà perso su questioni importanti sì, ma non urgenti né centrali per la vita sociale. Come a Bisanzio si disquisisce e il turco scorrazza dentro i confini. Vorrei astrarmi ma non riesco a non pensare a ciò che capisco, Renzi, ieri sera, invitava ad andare in vacanza tranquilli che tanto ci pensa lui, è una idea che sotto intende che le cose non ci debbano coinvolgere poi tanto. Ci penserà qualcun altro. Una variante del non disturbare il manovratore. Mi spiace non condividere, è così semplice assentire, ma la vacanza aiuta a vedere più chiaro, e così non sono affatto tranquillo. Mi viene in mente l’ashtag per Letta, lo stai tranquillo di pochi mesi fa e anche se parlo poco, sento il peso di ciò che accade. Penso e cerco di capire, se parlo, parlo troppo, ed è come se si desse stura a un contenitore in pressione. Si è accumulato troppo in questi anni e non vedo chiarezza fuori. Ho idee semplici, distinguere tra amici e avversari, tra equità e mercato, tra solidarietà e carità. Vedo un’economia che non viene scomposta dai suoi veleni, vedo sopraffazione e iniquità. Tutto uguale? no, non lo è. Quindi le priorità per me diventano chiare: il lavoro, la giustizia, il falso in bilancio, l’evasione fiscale, i privilegi, la tutela dei giovani e delle parti più deboli della società. Non so quanti sentano le stesse cose, l’impressione è che si seppelliscano i dubbi perché implicano il coinvolgimento e in fondo, vacanza o meno, si vorrebbe che qualcuno risolvesse i problemi senza che fossimo obbligati ad occuparcene, non è mai stato così e quindi non c’è alternativa, o chiudersi in casa e quello che sarà sarà oppure essere dissidenti. Basta scegliere.