Finisce l’età dei ninnoli che fan ridere, dei candelabri allegri, delle mille candele colorate, delle ceramiche raccolte assieme nei mercatini, del bricolage condiviso. Finisce l’età in cui una stampa, un manifesto, un piccolo quadro, una cornice, sono un’avventura. Finisce l’età dei libri che bisogna assolutamente leggere, dei cataloghi delle mostre viste e poi sfogliati assieme. Finisce l’età delle domeniche che non finiscono, delle merende sui prati, delle canzoni cantate in coro, della scoperta delle osterie fuori porta. Finisce l’età perché muta e l’andare è diverso, se ancora si cammina assieme. E’ un palpitare che si semplifica. Oppure si complica di vite intorcolate.
Vorrei un verde nuovo ogni primavera, un andare incurante di pioggia. Lo vorrei per te oltre che per me. Vorrei il grigio che scurisce gonfio in cielo e il sole che trabocca dalle nubi. Vorrei il sudore che vela la pelle, i piedi che seguono i piedi, il calore d’un muretto a cui seduti vicini appoggiarsi. Vorrei il silenzio e poi le due voci che cominciano assieme a dire e la risata, e il bacio che ne segue.
Finita l’età dei ninnoli tutto è diverso, quasi tutto, perché ciò che prima faceva palpitare, scambiare, desiderare c’è ancora, ma non eguale. E’ quell’ineguaglianza da scoprire, così poco banale, stratificata di ricordi che la coprono alla vista. Quella diversità da mettere nell’andare assieme, l’intensità con cui stringe una mano, il né troppo né troppo poco che racconta molto. Ad un certo punto, non importa con chi purché sia quello giusto, è ciò che stupisce oltre l’abitudine, ciò che gira le cose e le vede differenti, ciò che trasmette calore alla giusta distanza, a fare la differenza. Ecco che oltre l’età dei ninnoli c’è l’età del calore che dura.