
Il vento ha un suo portare storie. Evoca, lancia suoni e messaggi, poi si quieta, come a pensare. La pianura conosce poco il vento, non sa come blandirlo nella sua rara furia, è abituata all’aria dolce, quasi immota. Si stupisce quando vede erbe ed alberi scossi. Oggi c’era vento di nord est. Folate improvvise che premevano sugli infissi e sbattevano furiosamente la bandiera sul tetto. A Trieste ci sarà stata bora. Il mare si sarà riempito di piccole creste bianche e sul molo Audace non ci sarà stato il solito passeggio. Anche in piazza Unità le ciacole si saranno trasferite all’interno del caffè degli Specchi e l’Harry’s avrà ritirato i tavolini. A Trieste il vento odora di Carso, di verde giovane e di fumo di legna, vede il mare e si getta giocando con la superficie, respingendo le onde. Prima s’era perso nei vicoli stretti di Cavana, ma è stato un attimo perché il suo luogo è il mare, non le pietre, le case, la città.
Nei giorni scorsi leggevo Bambino di Balzano, un libro con una scrittura piacevole ma che parlava di violenze date ad inermi, delle difficoltà dei popoli di confine nel convivere, del fascismo e di ciò che faceva agli s’ciavi. Questo mondo passava attraverso gli occhi e le azioni di un persecutore. Trieste era comunque bella, amata come negli amori che si sporcano di possesso e poi di violenza, enigmatica nel contenere pazienza e folate lunghe d’ira,
Nei diari e lettere della grande guerra, raccontano della vita in prima linea sui colli appena sopra la città, sul Carso. Non c’è il mare che si vedeva in basso. Neppure un accenno alla città. Però parlano della bora, degli stenti, della fatica e del freddo. Parlavano dei morti e dei feriti su cui passavano per conquistare o perdere qualche metro.
Ho pensato che anche la bellezza viene schiantata dagli uomini, che è il nostro generare tempesta è terribile perché ci si abitua a tutto nella furia, anche alla forca. Ma il prezzo è che la vita, la bellezza, gli affetti, muoiono e un mondo scompare. Non è un giudizio estetico sul vivere, ma la percezione che abbiamo una ricchezza grande a sentire il vento per quello che è, a vedere ciò che ci sta attorno, a pensare che esiste un futuro. Buttarlo via è criminale, come la violenza.
Ho un amore sconfinato per il vento, per me racconta storie e porta novità. Anche quando ulula come un lupo ed è freddo, o è così umido e carico di pollini che la mia allergia si esalta, libera in tutto il suo terribile splendore. 🌬🍃🪁⛵️
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Tu sai ascoltarlo, il vento. Non solo nei suoni, ma in ciò che porta dentro: — memoria, storia, rabbia, bellezza. Scrivi come chi guarda davvero, come chi sente le creste bianche del mare e insieme le ferite della terra. E mentre racconti Trieste, racconti anche tutti noi: quanto è facile abituarsi alla tempesta, e quanto invece è prezioso restare sensibili. Tu non butti via niente — e ci ricordi che non dovremmo farlo nemmeno noi.
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Mi ppiace ascoltare, forse è una necessità. Il vento riporta ad altri venti, hai ragione. Tenere assieme è riannodare, se non lo faccio io lo fanno i sogni. Spesso entrambi. Buona notte Nadine ☺️
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Avrei voluto che il vento ti portasse altre divagazioni, ma il narrare iniziale mi é piaciuto molto 😊
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è il vivere che mescola i racconti, ma anche l’umore. grazie Mimì 🤗
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