








Ci sono quelli che non si voltano mai indietro. Hanno una grande coscienza di sé, lasciano uomini e cose e pensano al nuovo. Altri, più incoscienti, sono incollati alla propria storia, l’hanno ficcata dentro uno zaino che è diventato pesantissimo. Pensano di conoscerne a memoria il contenuto e così ci guardano di rado. Ma se lo facessero scoprirebbero cose interessanti. In compenso lo portano in giro rassicurati dal ricordo e dai fili che sembrano tener aperte comunicazioni. Dall’altra parte dei fili ci sono esigenze ormai spente, oppure altre che non s’accontentano. Intendimenti diversi che si erano incontrati. Ora che resta? Per fortuna pesi diversi.
Qual è il limite di peso consentito per volare davvero con la mente e la fantasia? E quale è il peso tollerabile del vivere se in un momento di quiete, oppure di passione, venisse voglia di andare e basta. Di togliere senso al tempo non proprio e camminare? Si sarebbe fatta la pace con ciò che non è accaduto, e vuotato lo zaino, riprenderebbe la storia dall’incipit evitando quelle noiose prefazioni che spiegano tutto e tolgono gusto. Capire il limite del passato non è accontentarsi e neppure farsi una ragione.
Nell’adattarsi il corpo si piega e si chiude, lo si vede nella postura che a volte si ribella; soccorrerebbe allora l’immagine del risveglio felino, che si stira e si guarda attorno stupito. Per un attimo, solo per un attimo, prima di una nuova mobile indifferenza.
Il tuo testo vibra di una forza riflessiva che sa evocare sia la pesantezza della memoria sia il desiderio, quasi impulsivo, di leggerezza. Mi colpisce la rappresentazione di coloro che portano uno “zaino” pieno di ricordi e bisogni irrisolti: un bagaglio emotivo che ci segue e che, in un certo senso, ci definisce. È interessante come tu descriva questo carico: anziché essere soltanto un peso da liberare, diventa anche una sorta di “ancora” rassicurante. Tuttavia, la sicurezza è illusoria, perché i fili che ci tengono legati al passato, secondo la tua immagine, sono intrecciati con desideri che ora sono spenti o che chiedono ormai altre cose.
Il richiamo al “limite di peso” per volare è potente. Cosa siamo disposti a lasciare andare per poterci sollevare davvero? E, al contrario, quali pezzi di noi stessi scegliamo di custodire? L’idea di “fare pace con ciò che non è accaduto” e svuotare lo zaino per poter riprendere la strada mi sembra la chiave per un cammino autentico. È un invito a smettere di rimuginare su ciò che ci ha rallentato, senza per questo rifiutarne la presenza.
La tua immagine finale del risveglio felino è meravigliosamente evocativa: c’è una libertà primordiale, una sorpresa che riaccende la curiosità, quasi un invito a vivere nell’istante presente, almeno per un attimo. Eppure questa quiete è temporanea, come un momento di tregua prima che la mobilità della vita ci riassorba. Quel “mobile indifferenza” parla di una lucidità più profonda: accettare la transitorietà senza abbandonare il desiderio di andare oltre.
Grazie per questo spunto di riflessione; ci ricordi che il viaggio verso la leggerezza non è un semplice alleggerimento, ma un processo di accettazione e, soprattutto, di riscoperta.
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Grazie Nadine, la tua è una riflessione che lendw più limpido il percorso interiore. C’ho pensato, ci sono ricordi e fili che appartengono al profondo, non vanno recisi perché taglieremo il flusso vitale. La vita è una successione di scelte, in buona parte conseguenti, liberarsi dei pesi che sono definitivamente passato e hanno chiuso una relazione con noi è la condizione di rendere leggero il volo possibile e di compiere scelte di giunte dalla consequienzialità e più aderenti a noi. In questo c’è il nuovo, quello atteso che approssima a noi stessi.
Grazie per la tua lettura non solo del testo ma di ciò che lo muove. 🤗
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