Cerco di non pensare troppo ai proclami di guerra, alle previsioni dissennate e fosche. Mi illudo che ci siano reazioni di popolo, che ci si rifiuti di diventare tizzoni in un gioco di fiaccole vicino alla polveriera. Sconcerto. Parola colma di evocazioni. Disarmonia, impotenza, incapacità di comprendere, consequenzialità scisse dalla logica che si alimenta nel buono e nell’utile. Disagio crescente da affrontare. Le alternative oltre al dovuto possibile opporsi alla pazzia, cercano uno scartare a lato. Un riflettere sui tempi che sono radicati negli animi. Noi siamo ormai zuppi di un tempo servo di necessità non nostre, né vitali, altrove hanno altri tempi e percezioni. Che vi sia in questo una salvezza possibile? Esco. Faccio cose.
Percorro la città a passi lunghi e veloci, un’andatura da studente per raggiungere un tempo che non è il mio. Il tempo personale viaggia con me, mi accompagna, accelera o rallenta secondo i miei segreti, che borbotto e reciprocamente condivido. Sapere che ci sono molti tempi, che se possiede più d’uno, aiuta non poco a sistemarmi nel mondo in cui vivo. Ne ho esperienza.
In Ucraina, in Moldova, in Russia, nei paesi dell’est che ho frequentato, il tempo scimmiotta il correre dell’occidente. Spesso gli interlocutori hanno i colori giusti nei vestiti, ma tagli sempre un po’ sbagliati, l’orologio è troppo evidente, le ventiquattrottore che andavano di moda venti anni fa, hanno dentro tre fogli, il parlare è urgente e serrato. Quando si discute, il tempo e la sua presunta immanenza, irrompono, diventano parte concreta nell’alzare il prezzo di qualunque cosa e non si capisce perché, visto che attorno c’è il deserto, ma non importa, se il tempo ha un valore dovrà essere pagato. Si tratta dell’uso appreso dai tempi d’occidente, appreso chissà dove, forse nei film, oppure nei libri o nelle rimasticature di chi l’ha frequentato, ne è stato irretito e lo propone assieme all’inglese farcito di tecnicismi. Basta concludere e poi il tempo vero, riprenderà il suo corso. Mi ricordavano, queste persone, i commessi viaggiatori d’un tempo, le riunioni dei venditori di enciclopedie, dove non occorreva conoscere ciò che contenevano i libri, bastava usare il linguaggio giusto con le persone che dovevano comprare, la stessa aggressività e la stessa tristezza mescolata alle barzellette. L’Occidente ha alterato tempi e anime, l’attesa non è più parte della vita, ma spreco. Ne risente la conversazione, i gesti, l’uso delle cose. Quando viene imposta la gara e le regole non è detto che chi lo fa vinca, ma modifica il modo di vivere, di vedere se stessi e il mondo. Cambia la poesia è la musica assieme alla pittura. Sono barometric fedeli dell’anima e si legge il compromesso, ossia l’equilibrio tra il perduto e il nuovo. Un latente sconcerto nell’adeguarsi che sente una perdita di profondità acquisita e di identità comune a favore dell’indistinta superficie. Colorata e luccicante, da consumare in tempi brevi, poi inutile e da buttare.
Diverso è il tempo dell’Africa, di quella meno occidentale almeno. Qui gli avverbi cambiano significato: adesso può essere tra un’ora, un giorno, un mese, di sicuro non è tra un minuto. Presto ha lo stesso tempo e significato, in realtà vuol dire che accadrà quando si può. Credo affondi nell’animismo e che la religione musulmana abbia trovato un accordo pacifico. Il clima aiuta, è congruo a una diversa concezione del tempo. Il bidello della scuola dell’Asmara, quando gli chiedevo quando m’avrebbe portato i soldi cambiati, mi diceva: dopo. E se io gli chiedevo: dopo, quando? Lui rispondeva stizzito: dopo, più tardi, presto. Ecco che torna presto, come tornava in Senegal: quando arriviamo che siamo stanchi? Presto. Ma alle sei ci siamo? Probabilmente. E arrivavamo alle nove. Basta sapere come funzionano i rapporti tra parole e tempo, adattarsi al tempo del luogo. Poi subentra la consapevolezza che tutto accadrà quando è ora, che solo il muezzin ha un orario vero, che il resto segue una sequenza in cui ciascuna cosa matura e succede quando può. Succede è conseguenza di qualcos’altro, perché affrettarlo? Non è una sola consequenzialità, queste sono le nostre logiche, è un addensarsi di probabilità, molte sconosciute e non misurabile con le stesse unità di misura. Un tempo dell’accadere quantistico, reale e impalpabile, che dialoga splendidamente con la luce: ciò che non accade prima del buio è destinato al domani. Quasi tutto, la notte 6riservata al dominio dei corpi e ai loro tempi.
Quello che ad un osservatore disattento potrebbe sembrare imprecisione, scarsa valutazione, in realtà è rispetto per il flusso delle cose: bisogna salire sul tempo comune, lasciarsi trasportare, non guidare il convoglio, lasciare che i fatti si incontrino con noi. Questo tempo accelera e rallenta, ma non dipende da noi, è nell’aria spessa di calore, nelle buche della strada, nell’aprire e chiudere di finestre perché l’aria circoli fresca, nei problemi risolti momento per momento. Si direbbe che tutto è provvisorio rispetto al tempo d’occidente, ma in realtà è il modo, un modo alternativo per risolvere le cose. Diverso e reale, il cui effetto è principalmente economico, impedisce il controllo delle prestazioni secondo i nostri parametri di guadagno, si negozia volta per volta, dal taxi all’albergo, e anche il venditore se dorme appoggiato al bancone, bisogna svegliarlo se si vuole comprare, ma è davvero un problema quando si sa che funziona così ?
Quello che accade in Europa è lontano, il tempo è la possibilità di avere un futuro, adesso. Bisogna saperlo e sentire che per avere tempo bisogna vivere. E imparare che i tempi sono nella vita, la ibridano in conoscenze nuove e assolute, non serve correre, sono le stagioni che regolano tutto e quindi il ruotare del pianeta, il sole, il giorno, la notte. Urgenza è ristabilire le condizioni per capirsi, per avere tempo da riassettare, riportare a noi, a me.
Spero in un contagio positivo delle tue parole, che siano pandemia.
Grazie 🤗