La notte di Natale accadono cose meravigliose. Più passano gli anni e più tornano alla memoria i Natali passati, si sentono nostalgie che si erano perdute tra le fodere di vecchi paletot spinati, si sentono le mani della tua ragazza che cercano la tua nelle tasche in cui non molto prima si ospitavano caramelle e tronchetti di liquerizia assieme ad elastici e spaghi. Si ama il freddo di quelle dita, il calore che portano con sé. Si vede la vita passata e si sente il suo scorrere tra argini ed esondazioni, si capiscono con indulgenza gli errori, si lascia che la quiete di ciò che è scorso nel fluire sia di buon augurio per il futuro. Questa è la meraviglia di pochi giorni che non sono calendario, non solo almeno. E’ proprio quello scorrere di ricordi che ci ricorda che tutto accade e può essere letto con gli occhi che non hanno memoria, che ogni anno segue l’altro e noi siamo stati testimoni, partecipi, a volte protagonisti. Per questo i ricordi di età in cui tutto ancora doveva accadere sono così forti, hanno il sapore del legno che brucia nella stufa, il profumo della cannella e delle mele che caramellano in forno, hanno l’odore lieto dell’inchiostro non scritto che contiene tutta la letteratura del mondo, il profumo della carta del libro appena ricevuto in regalo. Tutto deve accadere e si somma, si sommerà, in fondo questa è l’unica certezza che ci fa dormire allegri quando la proviamo intensamente.
La notte di Natale era una passeggiata alle undici di per arrivare in tempo alla messa di mezzanotte, era la chiesa illuminata da luci calde sulle pietre antiche, erano gli inni cantati dal coro di cui facevi parte, era l’attesa della neve che non sempre c’era, mentre il gelo non mancava mai. Era la cioccolata calda a casa prima di dormire per togliere il freddo dentro, era la sensazione di essere svegli per qualcosa, ma anche l’allegria dell’alzarsi tardi con la colazione a letto. Biscotti e ancora cioccolata. Era l’attesa compiuta dei giorni precedenti, la scuola dissolta in un volo di fogli e una corsa, era l’inizio di una vacanza che era così piena da sembrare di non essere tale e perché significava qualcosa, ma quel qualcosa non era il racconto del prete, era un senso di presenza di un fatto antico che era ancora attorno, mischiato alla povertà, alle luci, agli alberi, ai pranzi speciali di mezzogiorno, ai parenti che passavano in visita. Era qualcosa che iniziava e misteriosamente si nascondeva perché da noi non c’erano regali sotto l’albero per sanzionare la giornata. Quelli sarebbero arrivati con la befana, pochi e molto desiderati. Natale era un giorno di cui non si sapeva cosa dire, ma che pure toccava dentro ed era l’inizio di tante storie che sarebbero andate per loro conto. Oltre la contentezza di quel giorno, era il senso di essere assieme in casa, raccolti e luminosi sin dentro a ciò che non aveva nome. Era il mistero che diventavamo noi a noi stessi, Era capire cosa ci avrebbe portato il futuro, ma anche cosa di noi sarebbe rimasto. Quanto calore, quanta leggerezza, affetto, amore, che avrebbero preso forme e meraviglie a noi sconosciute. Era il germe di qualcosa che poi sarebbe diventato altro. Dopo la messa di Natale si tirava un po’ in lungo, i bambini non hanno mai voglia di andare a letto, ma poi avrei dormito profondamente. Mi sarei addormentato senza domande, con desideri che non facevano male, era un attimo, un pensiero disciolto e il giorno dopo era già arrivato.
Crescendo, quando a messa non ci andavo più, la notte di Natale uscivo, avevo già letto molto sul significato della nascita, ma pensavo che ancora non capivo perché figli non ne avevo e invece di quel nascere già sperimentavo le prime scelte. Le svolte della vita, che vedevo in amici d’infanzia, qualcuno più vecchio e già perduto in cerca di un se stesso dove non si sarebbe mai trovato, altri che inseguivano il successo con l’intelligenza furba di chi ha capito tutto. M’aggiravo per le strade vuote e conosciute, mi capitava di entrare in una chiesa quando mancava poco al Gloria, guardavo, le persone vestite a festa, chi avevo incontrato per strada male in arnese, i mendicanti alla porta. Guardavo e poi me ne andavo perché le domande erano più chiare ma sbagliate. Il senso della nascita era nelle mie scelte, nel tempo che sarebbe arrivato. Il giorno dopo a casa non sarebbe mancata la festa, più difficile di un tempo, ma sempre festa era, ci pensavo e mi lasciavo andare.
Chi decide per noi siamo noi stessi, aggiungiamo che chi vive l’amore ha una risorsa infinita che altera la banalità del ripetere, le domande e le risposte che vengono date sono il senso del procedere e qui ho capito una cosa: sono io che nuoto nel tempo ed è il tempo che si forma dentro me. Penso che siano vere entrambe le sensazioni e che nascere sia proprio questo continuo formarsi nella meraviglia del mai fatto mescolato a ciò che siamo stati e che questo sia il nuotare nel flusso. Liberamente, come nessuno l’ha mai fatto prima e come nessuno lo farà mai. Quello che saremo è lì che aspetta e se è cosa buona ci farà bene. Buon Natale.










calore e magia… Grazie.
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Grazie a re Marina, che sia un buon nuovo anno e che altri lo seguano. 🤗💐
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La prima passione dell’animo umano è la meraviglia , e lei che ci permette di vedere lo straordinario e a ricordarlo ….Ogni volta che siamo avvinti dallo stupore per qualcosa di alto bello , a volte può sembrarci sublime . La notte di Natale era magica , la magia torna grazie ai nipotini. La magia a volte torna , buona notte , namastè
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Oibò… ero un po’ assonnata ,ho fatto qualche pasticcio, mi scuso
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Sono pasticci piacevoli. Buon giorno Francesca 🤗
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