Tutto fu in altri tempi. Tutto sarà di nuovo.
Solo ci è dolce l’attimo del riconoscimento.
Gli anni perduti, sono quelli che sembrano mancare alla memoria, ma non lo sono per davvero perché inattesi, torneranno. Anni perduti sono quelli ben presenti, fatti di chiusure, conclusioni senza concludere, acquisizioni sospese, addii senza motivo.
Anni perduti sono quelli scialacquati nel dover essere, nelle prigionie di mode e di buoni sensi. Anni perduti sono tutti quelli che non hanno cambiato dentro, che non hanno camminato, che non si sono rincorsi nelle passioni, che sono diventati sabbia senza essere pietra.
Le sedute di analisi disseminate nella coscienza, semi che fruttificano per loro conto, maleducati ricordi che non leggono l’identità, fatiche difficili senza produrre svolte apparenti, sono anni perduti?
E aver ben presente come ci si lascia in una stazione, un po’ travolti dalla disperazione del rivedersi non quando si vorrebbe, ma seguendo la necessità, l’evocare nella mente ogni amicizia che si credeva vera e si è lasciata impallidire e svanire, sono anni perduti?
Le parole di Osip Mandel’stam in Tristia hanno l’odore del fuoco dei bivacchi, il freddo della notte che si insinua nelle parole e la definitività degli addii con l’amore vivo che ferisce e sutura, senz’altro pensante o di mano leggera nella vita. Oggi è meglio di allora, eppure questo addensare di sentire senza orizzonte certifica gli anni come necessari, importanti, definitivi, mai perduti. Quindi anche dove il cielo si rovescia nell’alba, la disperazione diviene dolore e partenza, nulla pensa che tutto sia stato inutile. L’analisi dovrebbe essere così definitiva e profonda da essere un eterno addio che apre nel sentire diverso il mondo e al tempo stesso tiene ben fermo ciò che si è stati davvero, perché quello stare si ripeterà come ogni verità.
Cosa c’entra l’analisi con gli anni perduti lo si trova nella sua necessità di veder dietro l’apparenza, nel cogliere noi nel pensiero e gesto solo a noi noto, ma in quegli anni del disvelamento, noi dove eravamo?















Bello il tuo testo e le foto, anche esse molto belle, mi ricordano quelle di Saul Leiter.
Complimenti.
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Grazie Marina, davvero grazie. Ho sognato una panchina in riva al lago, il sole già basso ma caldo, conversavo di analisi con una donna e ascoltavo il suo percorrere. Forse lontano qualcuno aveva giocato a far rimbalzare sassi sulle riva e piccole onde finivano sotto l’erba. Quello è il passato pensavo, una piega d’acqua che s’appiana. Buon pomeriggio 🤗
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Forse tutto è già avvenuto … Vorrei tanto che i sassi rimbalzassero riaffiorando a lungo.
A scandire il viaggio duran te la vita , i sentimenti i pensieri e gli atti che onorano l’esistere.
Come le onde del male anche quelle del bene si propagano. Ho letto lentamente , ho ascoltato e apprezzato tutto il tuo andare.
Zampilla una pioggia di raggi sull’acqua,
l’aria ubriaca… Willy ciao
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I sassi rimbalzano, la mano li sceglie piatti, il braccio accompagna il movimento perché sfiorino la superficie e gli occhi contano e sorridono. Bella la pioggia di raggi che zampilla sull’acqua.
Che sia buona la sera Francesca. 🤗
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Grazie quando vado ai giardini mi fermo sulla panchina di fronte alla fontana dove acqua e sole s’incontrano , resto un po’ perché m’incanto. Buona serata Roberto ☮️
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