


Nelle bancarelle si sovrappongono gli abiti, i colori, i tessuti. Le mani mescolano tutto, alzano, guardano controluce, poggiano sul corpo, interrogano il venditore, l’amica, l’amico, chiedono di provare. Non si può, non c’è camerino, solo lo specchio e il sovrapporre, l’immaginare come sarà poi addosso. Si ride, si scherza, si contratta, ma il prezzo è così basso che alzandolo di poco si prendono due capi. Le coppie si allontanano ridendo con un sacchetto di plastica non biodegradabile.
Però una volta, magari una sola volta, mentre prendete in mano una camicia, un maglione, che tastate con i polpastrelli, che annusate come se il colore avesse odore, pensate alle centinaia di migliaia di chilometri di tessuti che vengono prodotti ogni anno. Pensate ai milioni di pecore che oziano lente brucando la poca erba a disposizione, pensate alla sera quando si raggrumano in un recinto e dormono l’una sull’altra, pensate ai cani insonni, ai pastori che si riparano con mantelli pesanti se non hanno un tetto, pensate alle mani che toseranno senza creanza, a quelle più gentili che carderanno, pettineranno la lana in posti così lontani da essere meno di un punto sulla carta geografica.
Immaginate gli sterminati campi di cotone, che cresce verde d’acqua e di sole, seminato con cura, irrorato di pesticidi, ha sviluppato una tonda, gonfia lanuggine che fa oscillare lo stelo maturo e ora pensate al raccolto con le grandi macchine che tagliano, separano, comprimono mentre sputano gli steli nell’aria. Pensate al lino, tagliato, battuto, lavato a lungo, sfibrato e privato della sua corazza per essere filato. Pensate a tutto questo racchiuso in balle enormi avvolte di plastiche che le tengono strette senza amarle, solo perché non fuggano nel vento i fiocchi in attesa che treni, navi, carri, spalle, camion portino verso i mercati.
Pensate ai magazzini affacciati sulle banchine dei porti, fatti di legno o di mattoni con alte volte in penombra, di rado freschi, spesso soffocanti di calore e polvere, bagnati con acqua per evitare le autocombustioni. Pensate agli angoli di mondo dove la seta è stata raccolta in balle fatte di migliaia di matasse incolori e anch’essa è in attesa di un porto franco dove verrà lavata, colorata, riconfezionata in morbide trecce e cambierà nazionalità e valore. Pensate che in tutto questo coltivare, accudire, raccogliere, filare, c’è una sapienza così antica che ha sostituito le pelli degli animali con le fibre, unendo morbidezza e bellezza, rubando i colori ai molluschi, alla pietra, agli insetti e inventando il modo di conservarli, espanderli, generando arte e piacere da portare sulla pelle. Pensate che tutta questa sapienza è diventata merce e si avvia alle macchine per tessitura, ha già viaggiato molto, spesso tornerà dov’era nata. Tagliata, cucita, confezionata, sarà trattata, comprata e venduta a peso, a numero, a taglia per poi riprendere la strada dei trasporti, grossisti, negozi.
Ed infine noi.
Quando penso a tutto questo lavoro, mi prende una vertigine da dimensione e non riesco a confrontare il prezzo di ciò che pago con la consapevolezza di ciò che l’ha generato, mi pare che il lavoro dell’uomo non esista, che ci sia una interminabile catena di sottrazione che ha portato alla ultima contrattazione e che ciascun passaggio abbia tolto qualcosa di dovuto a chi è l’artefice di ciò che le dita stringono con un pensiero narcisistico di bellezza propria. Dovuta come un sacrificio a un dio.
una maglietta 3 euro, una camicia 5 euro, un jeans 12 euro
Montagne di merce , quanto capitale inutile ! E vado avanti con il pensiero …Tutto questo capitale non è valore umano, sta sopra di noi come una cappa impenetrabile ci toglie l’aria . Abbiamo bisogno di respirare … Willy sono importanti le tue considerazioni, belle foto 🤗
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Batto, con inopinata, ossequiosa caparbietà, le bancarelle dell’usato. Lì ci trovo financo i gilet.
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Gio è vero nell’usato trovi di tutto ed è perfino igienizzato !
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Hai perfettamente ragione, se riuscissimo a soffermarci sulle cose sentiremmo anche le loro lacrime e la loro gioia; sono tendenzialmente animista e credo che anche gli oggetti siano animati da un soffio vitale.
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Nelle cose c’è un pezzetto dell’infinita anima di chi le ha fatte sua estensione per un poco.
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Splendido post.
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