una corsa verso l’indeterminato

Tre ragazzi seduti sulle scale si alzano a fatica per lasciar passare. Neppure alzano gli occhi, uno mormora un “buonasera”, si sostano appena e proseguono le chat sugli smart phone. Sono annoiati più che infastiditi dal passaggio, si risiedono. È un condominio modesto, abitato da pensionati e da persone che un tempo avevano un reddito medio, tutti ora vivono dei risparmi passati, di lavoro e pensioni, rispettando il minimo di festa. Un eterno presente costellato di ricordi, rimuginati in qualche angolo di casa, poltrone, tv da risintonizzare, ninnoli, storie importanti in più lingue. Quando i libri erano molto più che una merce, ci sarebbe stata una miniera di fatti ed emozioni da raccontare, ora ascoltano se stessi. I ragazzi sulle scale sono saliti su un treno di tempo che corre verso l’indeterminato. Tirano avanti, fumano, fanno le cose che tutti i ragazzi fanno, anche i Bangla che sono ovunque nel quartiere. Uno di l’ora, un giovane bengalese nato in Italia, ne ha tratto un film e una serie Netflix, belli per la dolcezza del sentire e colmi di una normalità che mescola l’età con la difficoltà di avere un lavoro che non sia occasionale.

L’ascensore sociale non funziona più, anche se qui la spinta a vivere con una prospettiva supera l’uggia del sentirsi oggetto da usare. Vite normali, senza i risultati attesi e poi senza attesa. Eppure attorno c’è un brulicare di negozietti, di piccolo commercio che apre e chiude. Tutti vendono le stesse cose cinesi o vietnamite, tutti non hanno orari.

Quando esistevano le classi sociali che distingueva o secondo aspettative, reddito, lavoro, la differenza era netta. Anche nei pensieri oltre che nelle scelte. Ora esistono i poveri, gli impoveriti, i precari, gli isolati dalla società, ma non contano e quindi sembra non abbiano un pensiero comune. Sono isolati in monadi e lo strumento di primo approccio sociale è il silenzio o la carità. La società dei due terzi si è trasformata nella società del 50%, metà viene tutelata e metà è precaria e invisibile. La solidarietà che si esercita è una toppa su un vestito liso che non copre più, che non muta la situazione. Sarebbe complicato descrivere qualche scenario a cui dovrebbe corrispondere coscienza e cambiamento, ma così non va perché il futuro è risucchiato dal presente.

Il governo, dopo aver molto promesso in campagna elettorale, allarga le braccia e premia chi già è tutelato. Non si sente reazione forte, ma cova l’indifferenza che muta in rabbia. Inane è inefficace nella protesta, se non in piccole parti della politica. Si fatica a descrivere ciò che può accadere perché ad ogni privazione, caduta di reddito viene proposta una giustificazione. Le Cassandre non sono amate da nessuno, neppure dai poveri, ed è difficile parlare di futuro tacendo la crescita delle diseguaglianze e della precarietà.
Oggi si pensa al Natale ma la povertà e la precarietà dura tutto l’anno e quello che emerge non riguarda i ristoranti, le località di villeggiatura, ma un sistema che non regge più, che si fonda sul nero, che non guarda a ciò che produce e neppure ai bisogni di chi lavora. Ci saranno i ricchi e i miseri, dove ricco significa garantito da chi ha il potere e il come non importa, basta essere solvibili economicamente e socialmente. E voi vi aspettate che questa società aspetti il Natale serenamente, senza covare uova di serpente? Pensateci e pensiamoci, sapendo che sarà un cammino lungo verso il cambiamento della società, ma bisogna uscire da una dissipazio che toglie speranza e solo consuma, cose e vite.

2 pensieri su “una corsa verso l’indeterminato

  1. Non mi piace la “Storia che stiamo scrivendo”.
    Caro Willy condivido le tue riflessioni, a me non sembra Natale !
    Ho scritto qualche articolo che non pubblico , l’ultimo è molto triste .
    Del resto come si può vivere serenamente ?!
    Non so proprio come uscire da questo “vicolo cieco”.
    Il rischio di isolarsi è forte per tutti , credo , ancor più per i giovani .
    Non voglio utilizzare termini forti anche se penso in “termini forti “.
    Buona notte 🤗

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  2. Ho letto in questi giorni una riflessione su come la radice dell’ulivo gemma nuove piante e continua la storia della pianta originaria. Così abbiamo un ulivo sotto cui avrebbe potuto passeggiare Pitagora. Ora è tempo di discernere, capire, resistere e radicare trasmettendo buone idee, una percezione di cambiamento e un noi che non venga sopraffatto dall’o, ma lo valorizzi è gli dia rispetto e dignità. Una nascita è un inizio per il mondo, una speranza che si aggiunge. Penso così ci sia ragione alla fatica del vivere mutata in piacere di comunicare. Buona giornata Francesca.

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