Oggi compiresti cent’uno anni, ne hai potuti compiere poco più di metà. E’ stato un peccato per tutti. Ho pensato spesso a tuo padre in questi mesi, al Nonno. Alla tua nascita in Germania, al rientro concitato di tutti voi, al fatto che poi Lui sia morto troppo presto per Te. Anche per noi è morto troppo presto. Bisognerebbe che ci venisse lasciata la possibilità di decidere quando è ora di andarcene e invece questo non ci è concesso. E’ una banalità ripetercelo, e comporta una serie di conseguenze sul vivere il presente, ma non impariamo mai. Neppure Tu hai imparato. Ho pensato a quanto ti sia mancato tuo Padre, al ricordo che ne potevi avere, Tu così piccolo quando morì, ai bisogni che sono rimasti senza risposta. I tuoi occhi azzurri avevano dentro sia la malinconia che il sorriso. Non parlavi molto, però le tue parole erano ricche di sentire, di passione quando erano rivolte alla realtà, alla politica, ed erano piene di amore quando parlavi di noi. E poi ascoltavi, ascoltavi molto.
Siamo stati assieme molto meno di quanto era necessario, sono sempre troppe le cose che non si sono condivise, quelle rimandate, quelle non dette. Chissà come mi vedevi, cosa coglievi delle mie contraddizioni, della mia fatica di crescere così diversa dalla tua. Per piccoli, fortuiti, incontri ho avuto pezzi della tua vita che non venivano da Te, dai racconti di guerra, dalle difficoltà del vivere di cui parlavi poco e dei momenti di coraggio, di cui parlavi ancora meno e che c’erano stati, eccome se c’erano stati. Un tuo amico di gioventù, lo riconobbi che era già vecchio, e fu un caso, anche se ci conoscevamo da anni ed eravamo entrambi compagni di partito. Un giorno gli dissi che ero tuo figlio e gli si illuminò il viso, e fu come se la vostra infanzia e giovinezza comuni emergessero di colpo col loro carico di emozioni. Mi parlò del tuo talento nel giocare a calcio, delle palle di stracci, delle difficoltà economiche, del lavoro, della vita pulita e orgogliosa, delle idee politiche comuni nate in quella parte di città antifascista e popolare che io ho frequento ancora. E poi si tacque felice e commosso. Il passato era vostro, potevo capirlo fino a un certo punto perché poi diventava un sentimento personale.
Nei molti anni passati da quando te ne sei andato, sei tornato nei sogni, nelle cose che hai lasciato. Saresti stato un buon compagno per i tuoi nipoti e invece ti hanno conosciuto attraverso i tuoi figli, ti hanno visto in qualche piccola fotografia che ti mostra dentro a un carro armato in Libia, oppure ben vestito con i tuoi amici, o con la Mamma, a braccetto, felici e giovani, quasi ragazzi. C’è sempre un sorriso in quelle fotografie, diverso in ognuna e mai pieno, c’è un trattenere l’esteriorità che è riserbo perché i sentimenti si vivono dentro e si dimostrano il giusto. Chi li condivide li capisce fino in fondo e questo basta.
Ci sono mancati dei pezzi di vita, non l’amore o il sentirsi profondamente, abbiamo continuato a parlare e a condividere come si poteva, anche se Tu non c’eri più. Non c’erano le parole ma ti ascoltavo lo stesso e poi facevo di testa mia, come sempre. Era il mio modo di staccarmi da Te e dalla famiglia per trovare una mia strada, e ha avuto le difficoltà che hanno gli adolescenti quando cercano più i motivi per avere un rifiuto che un permesso, perché quel rifiuto sotto intende interesse e amore. Poi si fa lo stesso, ma l’amore non è in discussione. Certo ci sono stati i miei rifiuti, non i tuoi, e così quando mi sono ribellato, c’era sempre amore nelle mie rivolte radicali.
Abbiamo discusso parecchio di politica nel ’68, io ero oltre le tue idee sempre nette e di sinistra, ma che escludevano che ci si dovesse dividere se si volevano cambiare le cose. Non mi bastava più questa visione e però se non sono finito chissà dove, è anche per tuo merito, per la tua concretezza, per il tuo senso della passione che deve durare e possedere la pazienza per mutare la realtà. Chissà se l’ho imparata da Te o dalla Mamma la pazienza. L’avevate entrambi, assieme all’ idea che un lavoro dev’ essere ben fatto, qualunque esso sia perché è un modo per dire chi si è. Non avevo la tua capacità manuale, ma c’ho provato e di questo perenne mettermi alla prova Ti ringrazio anche ora che forse dovrei pensare ad altro. Non penso spesso al passato, l’ho vissuto, però ho pensato che nelle vite, per un po’ si possono rimuovere gli anni, ma poi tornano tutti, senza neppure la mediazione creatrice del ricordo, del racconto. Ed emergono emozioni pure: mancanza, amore, comunanza, forza, tristezza. E ci teniamo ben strette quelle emozioni, perché lì ci ritroviamo davvero, chi c’è e chi se n’è andato.
Da un certo momento in poi gli anni li hai compiuti con noi, non quelli in cui eri vivo, ma quelli dopo, e la tua Presenza era altrettanto forte, perché c’eri e non c’eri più. E tutto quello che intanto accadeva di importante, in fondo, ti vedeva presente e quello che avremmo voluto vivessi non era più possibile. E mancava a Te prima che a noi. Cosa impossibile vero? A chi se ne va non manca nulla di quanto viene dopo, mancava a noi quel condividere e lo attribuivamo a Te, avremmo voluto ci fossi. Così ne è venuta tristezza assieme alla gioia di vivere, di essere qui e di tenerti con noi. Non so se ho ereditato quel lampo di malinconia che si mescolava all’allegria, nei tuoi occhi. Forse voglio solo riconoscermi e vederlo, ma lo sento, lo sento forte.
Buon compleanno Papà.
Questa lettera gli sarebbe piaciuta moltissimo. Chissà, forse l’ha già letta prima che la scrivessi…
Già, forse è così. Grazie Marta
Bella. In questo sentito immaginato se n’è percepisce,insieme alla Storia,un fortissimo DNA che scandisce anche il Tempo o i tempi. Diversamente uguali. Auguri ovunque. Mirka
Brividi….Ti ho già scritto una volta che rileggo i tuoi post almeno un paio di volte prima di commentarli ma questo no, questo è diverso. Questo spara dritto al cuore e lì si conficca come un dardo. Molto bello, davvero. Un abbraccio, Willy .
L’abbraccio è ricambiato e molto grato, Miss, la tua attenzione è affettuosa e non solo per questo preziosa.
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