Ieri c’era il sole, la maratona del santo, lunghe file di auto che andavano verso il mare e davanti all’università, unica in Italia, decorata di medaglia d’oro, la celebrazione del 25 aprile. Era difficile arrivare, il percorso dei maratoneti ha transennato l’intero centro, ma alcuni determinati sono arrivati a sentire i discorsi, la banda dei vecchi bersaglieri, il cerimoniale imcomprensibile delle bandiere.
La liberazione non è la festa del Paese, non di questo paese, almeno: è una festa di parte. Ed è giusto che assuma questa dimensione. E’ giusto che non si mischi tutto, che il sindaco leghista che vuole festeggiare con la canzone del Piave, festeggi con questa se ci riesce. E cosa festeggerà, la liberazione dall’Austria Ungheria già avvenuta all’entrata in guerrà, i morti cafoni, mandati a tappare le falle dei generali sabaudi, oppure i contadini sardi, abruzzesi, siciliani, macellati sulle doline del Carso? Cosa festeggerà col sangue di chi vuol mettere distante da questa terra ?
La liberazione non è la festa di tutti, non può essere la festa di chi considerava la libertà un’optional, di chi impediva l’espessione delle idee, la democrazia una jattura. Non può essere la festa degli omofobi, degli antisemiti, degli anti tutto ciò chenonpensacome me fino alla soppressione del fastidio.
La liberazione non è la festa di tutti, si deve celebrare in pochi, tra chi crede che alcuni ideali non siano carta straccia, deve riguardare i giovani e gli anziani che sono di parte, partigiani, per l’appunto. Sono stanco della retorica, dell’unanimismo, la maggioranza di questo paese non crede che le ragioni per cui ragazzi neppure ventenni si immolarono sia importante, bisogna prenderne atto, capire che occultare questo fatto è irresponsabile. Non sentite il sottile senso di fastidio, quando vengono nominati i luoghi delle stragi: Marzabotto, Sant’Anna, Ardeatine e basta , non se può più. Sono cose passate!
Questo è un paese diviso, che persegue e perseguirà la divisione, la solidarietà non esiste più nei posti di lavoro e tra le persone, si è cancellata la povertà perché il suo pensiero infastidisce, le libertà individuali coincidono con le capacità di consumo. La liberazione parlava di coesione, di libertà inalienabili, di accoglienza e tolleranza, di democrazia rigorosa, di servizio disinteressato al paese. Questi sono problemi, angustie di una minoranza e quella minoranza deve riflettere e commemorare. Riflettere su cosa intende fare, commemorare chi ha creduto e sacrificato. Ma non è un patrimonio comune, forse lo è stato, oggi è stato seppellito nella retorica e tolto dalla prassi. Sparirà dalla memoria e dall’insegnamento, restando in una minoranza che ancora ci crede. Che questa festa resti solo di questi, che cessi d’essere festa nazionale, che ridiventi un giorno di lavoro. Chi ci crede si prenderà un giorno di ferie, porterà i figli in piazza, gli parlerà dei ragazzi che lasciarono il liceo e l’università per farsi impiccare a Bassano o fucilare davanti un muro di caserma e gli spiegherà perchè. Allora la riunione del paese diviso si rimetterà in moto, così è solo una giornata di sole.
n.b. Due anni fa non avevo idee diverse, solo speravo un po’ di più.
CONCORDO IN MAIUSCOLO
BISOGNA ESSERE DI “PARTE”
è necessario “DISTINGUERE”,sempre.Io lo sarò sempre,di parte,io saprò sempre “distnguere”,forse perchè troppo vecchia,forse perchè troppo giovane.
…”Eppure,per molti di noi la speranza di sopravvivere si identificava con un’altra speranza più precisa; speravamo non di vivere E raccontare,ma di vivere PER raccontare.E’ il sogno dei reduci di tutti i tempi,e del forte e del vile,del poeta e del semplice,di Ulisse e del Ruzante.Ma era un bisogno più profondo e meditato,tanto più forte quanto più dura era l’esperienza da trasmettere…una “meditazione” parlata,di alto livello tecnico e drammatico insieme puntigliosamente fedele alla realtà quale era stata.Avevamo compreso assai bene quale importanza avesse avuto,nel campo,la mancanza di una comunicazione,esaltata dalla mancanza di una lingua comune,e su QUESTO TEMA,il tema della Torre di Babele,della confusione dei linguaggi,avevamo coraggiosamente impostato il suo lavoro…Confidiamo che,anche per l’ascoltatore digiuno di lingua non costituirà un ostacolo alla comprensione…ma anche quando IL SENSO non è subito evidente,quando per un attimo brancoliamo sconcertati davanti a una battuta straniera e incomprensibile,proprio allora penetriamo a fondo nell’esperienza dell’autore,perchè questo isolamento è la parte fondamentale della sua sofferenza,e la sofferenza,sua e di tutti i prigionieri,scaturiva dal proposito deliberato di espellerli dalla comunità umana,di Cancellare la loro identità,di ridurli da uomini e cose…Abbiamo cercato di dire tutto,e insieme di non strafare che la materia di cui disponevamo era già fin tropposcottante;si trattava di decantarla,di incanalarla,di trarre un significato civile e universale,di guidare lo spettatore ad una conclusione,ad una sentenza,senza gridargliela negli orecchi,senza presentargliela già prefabbricata” (Prefazione di Primo Levi al dramma Se questo è un uomo) ” Meditate che questo è stato” “Vi comando queste parole…2″Scolpitele nel vostro cuore…” “Stando in casa,andando per via…””Coricandovi,alzandovi…””Ripetetele ai vostri figli…””O vi si sfaccia la casa…”
“O ragazza dalle guance di pesca,
o ragazza dalle guance d’aurora,
io spero che a narrarti riesca
la mia vita all’età che tu hai ora.
Coprifuoco; la truppa tedesca
la città dominava.Siam pronti.
Chi non vuole chinare la testa
con noi prenda la strada dei monti.
Avevamo vent’anni e oltre il ponte
oltre il ponte che è in mano nemica
vedevam l’altra riva,la vita,
tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte,
tutto il bene avevamo nel cuore,
a vent’anni la vita è oltre il ponte,oltre il fuoco comincia l’amore.
Silenziosi sugli aghi di pino,
su spinosi ricci di castagna,
una squadra nel buio mattiono
discendeva l’oscura montagna.
La speranza era nostra compagna
ad assaltar caposaldi nemici
conquistandoci l’armi in battaglia
scalzi e laceri eppure felici.
Non è detto che fossimo santi,
l’eroismo non è sovrumano,
corri,abbassati,dài,balza avanti,
ogni passo che fai non è vano.
Vedevamo a portata di mano,
dietro il tronco,il cespuglio,il canneto,
l’avvenire d’un mondo più umano
e più giusto,più libero e lieto.
Ormai tutti han famiglia,hanno figli,
che non sanno la storia di ieri.
Io son solo e passeggio tra i tigli
con te,cara,che allora non c’eri.
E vorrei che questi nostri pensieri,
Quelle nostre speranze d’allora,
rivivessero in quel che tu speri,
o ragazza color dell’aurora” (ITALO CALVINO)
Si.Saprò sempre distinguere nel ricordo chiaro del 25 APRILE.La Resistenza-La Liberazione-PER NON DIMENTICARLO MAI! Bianca 2007