i danni dell’inverno

Ho portato fuori le piante dal riparo invernale, il limone sta fiorendo. Nella terrazzetta il rosmarino non ha retto al vento e al gelo. E’ seccato con i fiori, dell’illusione tiepida di gennaio, ancora appesi.

Difficile non pensare ad altro. Alla caparbietà che ci differenzia oltre, alla necessità di capire ciò che si è, alla resa di fronte all’ineluttabile, all’ingiustizia immane che prima illude e poi consegna al nulla.

Ieri, nel lungo viaggio di ritorno, e nella stanchezza di giornate troppo piene, pensavo al tempo lungo delle piante, all’immoto che si protende verso l’alto, al ricordo delle primavere che diventa sostanza, legno che si stratifica e sorregge. Delle tante parole-scorza che gettiamo, risonanti, su tavoli di contesa, d’amore o d’indifferenza, restano quelle che mordono o leniscono, e si aprono, in un infinito dialogo tra noi, su ciò che siamo e saremmo. E gli occhi che si riempiono di colore tra il grigio, sono racconto, finalmente, lungo di tempo. 

Oltre la primavera, nella primavera.