Il ricordo sentimentale, ciò che sono stato e ciò che sono, in fondo, oscilla su quanto siamo stati amati e se era adeguato quell’amore. Oscilla per tacitare un bisogno che non è mai muto e poi per scoprire noi in quell’amore d’altri, fatto di tentativi, intuizioni, sbagli, ricerca dell’altro e d’altro. Il ricordo oscilla su questo e trascura il resto, si spinge sino all’orlo dell’abisso della consapevolezza, ne saggia la vertigine e si ritrae, pauroso di sé, del proprio bisogno e dell’inermità che questo include.
Quanto sono amato e quanto mi corrisponde questo amore? Le vite si disegnano su questa consapevolezza/ricordo, spesso l’adeguano e la mutano in costruzione d’intelligenza che trasfigura la realtà per adattarsi l’amore e la sua misura. Vale la considerazione soddisfatta del conquistatore/trice, il sono stato tanto amato, a sanare il ricordo di qualcosa che manca? Oppure vale l’ adeguarsi che considera possibile l’adeguabilità dell’amore e se ne fa ragione? Oppure è ancora l’inquietudine che vince e diviene speranza/attesa che qualcuno scovi quella parte di noi di cui abbiamo il sentore ma non sappiamo cos’è, che trasformi la cura in sostanza di sicurezza, che tolga definitivamente la paura di non essere amati.
E questa attesa ha risposta quotidiana che scaccia il pensiero oppure si sofferma, si interroga e misura? E ancora, alla fine emerge una ragione, un relativo e si cerca il molto in ciò che si ha oppure ci si chiude nell’accontentarsi? E’ il ricordo sentimentale che trasfonde sul presente, misura la soddisfazione del vivere, si interroga, si risponde, a volte muta direzione, riprende l’attesa.