silenzi

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Ci sono parole che durano poco, altre lasciano nell’aria il sapore frizzante della frutta troppo matura. Parole aspre si confondono nei noccioli tondi di significato, altre parole restano sole, chiedono, torcendo interrogativi. Con le parole si può fare molto, arrotarle per ferire, oppure renderle tonde e polite per accarezzare. Si possono plasmare o lasciar scorrere, trattenere o sbottare. In fondo le parole sono facili come i gatti di casa: dormono molto e graffiano il necessario. Diverso il silenzio, o meglio, i silenzi. Dipende dal loro peso e imposizione. Bella forza, direte, questo s’impara da piccoli, magari ricordando la punizione del silenzio imposto come una privazione di amore prima che di libertà di dire, ma se usciamo dal contesto del proprio ricordo, non è sempre così. Ci sono silenzi pubblici e silenzi privati. Silenzi che non parlano e silenzi che gridano. C’è un silenzio amoroso che non ha bisogno di parole e un silenzio d’intelligenza che è avido di concentrazione.

Ci sono silenzi politici che assomigliano molto alle parole della politica, non dicono quello che davvero pensano. E non è che, essendo mentitori, dicano di meno, anzi portano avanti un’assenza di coerenza che confonde, fa male alle idee e alla speranza. Pensate al silenzio del Pd sulle vicende attuali di Berlusconi, è un silenzio imbarazzante, prono ad equilibri inconfessabili, un silenzio che non è rispetto verso la magistratura, ma incapacità e malessere per sé stessi e per la verità. Ma come, ci sono condanne che si susseguono nei confronti della stessa persona che è stato prima avversario e poi nemico, e non si dice nulla? Ci si trincera dietro al fatto che le sentenze si rispettano e non si commentano? E la mutazione antropologica dei costumi portata innanzi in questi anni, fino a giustificare tutto nel nome del denaro e del potere, non vale nulla? Una sentenza ripristina un confine, dice ciò che sta da una parte e ciò che è dall’altra, ripristina il bene comune, la giustizia, riconciliandola con l’etica sociale. Tutto questo non merita un commento? Oppure il timore è che cada il governo? E se anche fosse, un tornare verso i valori importanti per tutti, non basterebbe per essere evidenziato, detto ad alta voce? Questi fatti hanno un valore politico e il silenzio in politica è omissione, confonde chi attende una parola chiara, un segnale che gli sforzi hanno un senso, che il vivere assieme e avere delle leggi, ha un senso.

Anche nella vita quotidiana, in quella dei sentimenti, in particolare, il silenzio ha un valore se è legato al cuore. Altrimenti il silenzio può essere assenza ribadita d’amore e quando subentra dovrebbe essere colto, almeno per quanto esso sta raccontando, ovvero una scelta differente, un’ incapacità, un patto che si rompe. L’innamoramento è ciarliero, entusiasta, fatto di flussi di parole dove anche i silenzi sono talmente ricchi di condivisione da assorbire la stessa parola, per questo nei sentimenti, il silenzio parla, proprio perché fa parte del sentire comune. E quando smette di parlare è perché la comunicazione si è interrotta e con essa il sentire comune. Quindi il problema non è stare in silenzio, ma dare ad esso un senso univoco, farlo parlare. E questo non è difficile, anzi al contrario della politica, il silenzio tra le persone può essere articolato in tutte le sue gamme, anche quelle oscure e pesanti, frutto del disamore, ma importante è che non nasconda, che sia inequivocabile.

Chi frequenta il silenzio, conosce la sua chiarezza, la forza che esercita su di sé prima che sugli altri, che lo porta verso la verità. Ecco, importante nel silenzio è che ci sia la verità interiore, ovvero ciò che si sente. La parola cerca di fare le stesse cose, ma fa fatica, si porta su terreni ambivalenti, e quando subentra la stanchezza dell’essere confusi, un po’ di silenzio fa bene. Aiuta molto a capire ciò che si vorrebbe dire e non trova le giuste parole.

noia

Potendo scegliersi la noia opterei per quella inattiva, possibilmente gestita in solitudine. La noia in compagnia, impegna troppo e soprattutto incattivisce. La noia è priva di oggetto, ma spesso si svolge in luoghi dove di oggetti ve ne sono fin troppi. Gli oggetti non sono un antidoto alla noia. La noia dovrebbe sempre essere un fatto personale, anche quando si è in compagnia. Capirla nell’altro, lasciarlo silenzioso a gestirla. E invece quando ci si annoia, si cerca un diversivo che sotterri il problema. Spesso si cerca di respingere la noia con il rumore, con il gruppo. Non mi piace, aggiunge fatica e fastidio, fabbrica sorrisi e convenevoli privi di verità, diventa un esercizio che sposta dalla noia al malessere. Forse è una mia sensazione, ma nei discorsi, in questi luoghi pieni di persone perennemente in procinto di qualcosa, le parole sono bolle, che lente rimbalzano, spesso si ripetono, finché scoppiano senza lasciar traccia. Neanche una traccia d’umido, meno di una bolla di sapone. Si beve per noia, si mangia per noia, si parla (quasi sempre d’altri) per noia. Ci sono persone che riescono a divertirsi, annoiandosi, a me fa l’effetto contrario, dopo un po’ di questa immersione la spinta verso la porta è inarrestabile, qualsiasi cosa sembra un sollievo, uscire, uscire, aria. Ed uscendo si avverte ancora l’eco d’un saluto: peccato ci si stava divertendo. Se fosse vero sarebbe da grandi, uscire lasciando una punta di assenza, invece è la traccia di quei convenevoli che già annoiavano all’interno. La noia collettiva spinge alla falsità, diventa tutto fasullo perché solo il silenzio è l’ antidoto alla noia di un gruppo che non comunica davvero. L’alternativa è dire ciò che si pensa, senza cattiveria, ma sembra sia disdicevole, ed allora non si fa.  Non c’è via d’uscita, bisogna scegliere con oculatezza, e senza scopo lenitivo, le compagnie, perché il problema della noia in compagnia è che oltre ad annoiarsi, si annoia. Su di me questa violenza masochistica ha un effetto di blocco, si inceppa qualcosa ed i meccanismi del relativo, rallentano, ho la sensazione di annoiare, una specie tossica di noia entra in me, si è chiuso il cerchio, sono diventato causa della mia noia: annoio me stesso. Ecco perché me ne devo andare, non mi sopporto, devo tornare ad una noia solitaria, inattiva, compatibile, da meditazione. Magari prendo sonno.