almeno il piacere di capire

Lo ascoltavo parlare e le parole erano precise, scelte, naturali nel suo discorso. Quelle e solo quelle andavano bene. Lo si vedeva anche nel gesto, distante dalla sguaiataggine dell’insicurezza o del mostrarsi. E c’era nel raccontare, nella persona, quella cultura ordinata delle buone letture, dello studio come mestiere e piacere. Pensavo a questo piacere che io avevo collocato nel disordine, nelle mie carenze per lo scarso piacere di allora, e per il tempo perduto altrove. E se questo m’indicava che un’altra vita sarebbe stata possibile, non me ne spiacevo, perché altrimenti avevo vissuto. E potevo ascoltare, e capire quel bel parlare. Potevo goderne. E pensavo che, in fondo, la vita non poteva essere tutte le proprie possibilità, o avere tutto, ma poter godere del bello che c’era intorno a noi.