bisogno di quiete

Perché scrivere pessime poesie,
se non per dirsi che si vive,
che si sente nel rumore del mondo
ancora l’uomo e la sua cura.
E attorno, guardando,
preziosa è la pace del colore senza tempo,
del suono d’acqua sulla riva
che afferra e si ritrae.
Lo sguardo scioglie sé nell’infinito
ed è finalmente piccola cosa
senza pretese e ordine,
vibrazione quieta d’universo
che il suo posto e luogo
sente e vive.
È allora che la speranza incredula
emerge e attinge al buono
senza nome o dimensione,
senza cinico rifiuto
della grammatica realtà,
e delle sue terribili parole
mutate in ferocia e sangue
e rovine e terra
e pianto.
Dire bimbo o donna o vecchio è già dolore
e nel sentire la violenza nasce l’agire,
il disgusto per ciò che piega le menti
oltre la maledizione di Caino.
Si scontra in me la realtà
nel dilaniarsi d’ogni comprensione
col bisogno d’una quiete
dove l’animo si posi,
e poi riprenda la paziente lotta.

Un pensiero su “bisogno di quiete

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