I proclami, le prese di posizione “definitive”, spesso contengono l’insofferenza per la propria solitudine. Cosa sia poi la solitudine è difficile dirlo, perché contiene molte assenze, proprie e altrui, ma anche i propri compromessi tanto che alla fine si mal sopporta persino la propria differenza. Oggi, come spesso è accaduto, fuori, nella storia grande, c’è bisogno di una linea che definisca chi sta da una parte e chi dall’altra di noi, insomma di escludere ciò che non ci appartiene per rafforzare la propria coincidenza con il noi che sentiamo giusto. Il nostro mondo. E perché mai perdere tempo con ciò che non è affine, utile o semplicemente troppo complicato per noi? Non ne vale la pena, ma se non accade maturano fratture che fanno dire cose assolute in un mondo all’etica ballerina e sostanzialmente indifferente. Quasi ad enunciare dei principi che poi principi non sono ma sono ingarbugliate sofferenze senza voglia di nome. Così i nomi, gli anti seguiti dai popoli e dalle religioni si mostrano per quello che sono: ovvero privi di senso di fronte all’umano e a ciò che non lo è. Allora guardare ai fatti e alla loro atrocità comporta tornare a noi, che conteniamo i problemi e le soluzioni su dove e con chi stare. E così uscire dalla solitudine delle parole violentate a giustificare sembra l’unica cosa davvero giusta.
In effetti, se qualcosa è troppo complicato per noi, cercare di coglierne il senso è una perdita di tempo. Che tra l’altro è un bene molto più prezioso dei soldi, anche se pochissimi riescono a capirlo.
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Non so come commentare questo tuo scritto. Da parte mia cerco sempre di capire quello che succede nel mondo, e se da un lato penso di essere stata sempre “dalla stessa parte”, per dirla col mio amato De Gregori, dall’altro mi è capitato nel corso degli anni di dover modificare la mia interpretazione di certe situazioni alla luce di nuovi studi o di nuovi fatti intervenuti. Per me, viva la complessità, tenere la barra dritta sui propri principi e valori ma non essere manichei, cercare sempre di capire, di approfondire… quello che posso, ovviamente.
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