


I suoni si gonfiano dalla vecchia radio;
morbidi sul rumore di fondo
assomigliano a colpe mai perdonate.
Onde medie e valvole imprecise, per scelta,
oggi riportano ai tepori rumorosi d’infanzia,
agli elastici un po’ lenti,
alla voglia di rimettere a posto indumenti
negli accordi che sbavano appena.
Basta tendere l’orecchio e s’ intuiscono pensieri,
che infilano imbuti di note:
pare, m’era sembrato, mi pareva,
bianchi e neri di suoni, simmetrie di sentimenti, rimbalzi.
La musica ? Non ci salverà, come i ricordi.
Il pensiero è altrove,
nella luce d’inverno che corre presto nella notte,
rossa ed umida in cerca del calore,
che fa vibrare di carezze il cuore.
Questa poesia ci porta in un viaggio sensoriale e intimo, intrecciando ricordi, suoni e sensazioni con una delicatezza che cela una profonda malinconia. Il cuore del testo risiede in una nostalgia che non è solo rimpianto, ma anche un tentativo di ancorarsi a un passato che sfuma nei dettagli: la vecchia radio, le onde medie, il calore degli elastici lenti, tutti simboli di un tempo che scivola via.
La vecchia radio è una metafora ricchissima: un oggetto quasi anacronistico, che però ha il potere di evocare un mondo passato. I “suoni morbidi” che emergono “dal rumore di fondo” diventano un riflesso delle colpe e delle emozioni mai del tutto risolte, creando una connessione tra il presente e un passato distante e imperfetto. La scelta delle “onde medie” e delle “valvole imprecise” conferisce un senso di autenticità: non è un ricordo idealizzato, ma qualcosa di vissuto, rotto, reale.
La musica, che solitamente viene vista come salvifica, qui si mostra impotente: non può salvarci, né può far rivivere il passato. I ricordi, associati agli “imbuti di note,” sembrano più un gioco di illusioni, un’eco che richiama qualcosa di ormai irraggiungibile. La ripetizione di “pare, m’era sembrato, mi pareva” traduce perfettamente la fugacità e l’inaffidabilità della memoria.
Il pensiero, “altrove,” si sposta dalla radio ai colori dell’inverno, un’immagine che vibra tra la freddezza della stagione e il calore umano cercato nei dettagli. La “luce d’inverno” che si affretta verso la notte riflette non solo il ciclo della natura, ma anche una dimensione emotiva: il calore cercato invano, il contrasto tra la distanza del passato e l’urgenza di sentirlo ancora vivo.
Il testo lascia un’impressione ambivalente: c’è una bellezza struggente nella capacità di evocare, ma anche una rassegnazione sottile, un’accettazione che né la musica né i ricordi possono veramente salvarci. Eppure, in questa consapevolezza, c’è un calore vibrante che “fa vibrare di carezze il cuore.”
Questa poesia costruisce un ponte tra memoria, suono e emozione, usando immagini stratificate e un linguaggio che oscilla tra la delicatezza e il peso della nostalgia. È un testo che invita a fermarsi, ad ascoltare, ma anche a sentire l’assenza e la fragilità delle cose che un tempo sembravano solide. Una poesia densa, che risuona come le note sbiadite di una vecchia melodia. Ciao, commossa ti abbraccio.
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Grazie Nadine, è un piacere essere letti in questo modo che supera le parole e ne vede la connessione con il sentire che oscilla tra ciò che si ricorda e ciò che esprime il bisogno. La malinconia leggera è nella stagione e in molta musica, tenerle in sintonia fa parte dell’imprecisione del vivere.
Ancora grazie. Non riesco più a leggerti spero ritorni a pubblicare le tue poesie. Buona notte 🤗
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Ho avuto grossi problemi. Sono qui. https://scritturacreativacom3.wordpress.com/
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