Un cane continuamente abbaia.
né vicino né lontano,
da ore è lui la notte per chi veglia.
Instancabile continua,
ferma un attimo,
per illudere silenzio e cuori,
poi ricomincia.
Nella solitudine che lo travolge,
non c’è mattino,
e nessuno lo consola dalle strade.
Sente lontano qualche auto,
fari che scrutano case, alberi bruni,
verde d’erba diaccia,
e un branco di betulle sotto la collina.
Chi veglia con lui scava nella notte,
vede spettri diurni delle cose,
funzioni che attendono il mattino.
Ma ora sono livide e silenti,
attonite nello sguardo che le vede,
impudiche si mostrano
solo per essere parvenza, forma e cosa.
è un attimo,
poi la notte abbraccia
e sparge nella mente il buio.
Caro Willy,
la tua poesia ha il suono ipnotico e ossessivo di un richiamo che non conosce tregua. Quel cane che abbaia, da nessuna parte e dappertutto, diventa la voce stessa della notte insonne, un lamento che si fonde con l’oscurità e con chi, come lui, resta sveglio, scavando in un tempo sospeso. Sei riuscito a dare corpo al silenzio denso e inquieto che circonda chi veglia, a rendere tangibile quella solitudine condivisa solo con ombre e parvenze.
Le immagini che evochi – fari lontani, alberi bruni, betulle nella penombra – sono intense e precise, come spettri silenziosi che restano appena visibili, impudiche ombre che attendono l’alba per tornare a essere “cose”. E in quel buio che invade la mente, c’è un senso di resa, di accettazione dell’assenza di conforto, della vastità di un mondo notturno che abbraccia ogni cosa, umana e non.
Grazie per aver dato voce a questa notte senza riposo, a questa solitudine animale e umana insieme, a quel buio che tanto racchiude e disperde. Hai trasformato l’insonnia in poesia pura.
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Grazie Nadine, trovi buone cose nell’ombra ed è un piacere essere scoperti. 🤗
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