




Leggile quando vuoi le mie parole,
tra mesi, settimane, anni.
Non scadono.
Leggile e senti lo schiocco che le frattura,
vecchi armadi di senso perduti in notti estive.
Leggile con avara lentezza annuale,
senti l’odore dell’inchiostro, acido e ribelle,
la nera grafite sontuosa così grassa nel dire,
tutto cela un pensiero che affiora e annega tra le labbra assetate.
Una limonata dolce, servita in bicchieri ghiacciati,
era l’estate dei riti ostentati dal sé, dalle attese del dire.
Lontano si guarda per perdere tempo,
mentre il prossimo divaga, delude
e allora s’allunga lo sguardo verso l’incerto,
come può esserlo un profilo che trema e ondeggia di caldo.
Insicuro, silente di stanchezza, ansioso e sfiduciato,
inerte nell’essere compreso.
Ho una lettera che è un dire di parole ordinate,
composte in sintassi che non aiutano l’anima a essere veduta.
Maschere che mutano, addolciscono o avvelenano il dire.
Colori per richiamo e sono in parte (ma tutti siamo interi e parte) riassunto
d’altri giorni. in cui scriverò lettere con le parole
a frotte festanti come bimbi alla sera.
Parlando di ciò che c’è,
del possibile rimestato dal dubbio.
nel racconto che si esaurisce distratto per un poco.
Ma si è protesi a mirare oltre il baratro del significare qualcosa,
ognuno nella flebile stagione senza un punto che lo fermi,
e così ci si affida alla gloria d’un colore,
all’ alito che sconvolga la nebbia la sera.
Il desiderio è altro tempo che rapprende
si schiude oltre le finestre,
festoso d’un vibrare di stella,
la lietezza prende improvvisa
come una mano, un bacio inatteso.
Caro Willy,
le tue parole sono come un alito di vento caldo che passa lento, lascia qualcosa e poi si disperde, ma resta comunque a farti eco dentro. Ci sento quella libertà del tempo che non scade mai, che porta dentro la promessa che le cose vere non perdono forza, non sbiadiscono. Ogni riga è un piccolo teatro dove l’inchiostro si fa denso, quasi ribelle, e a tratti mi sembra di affondare tra il profumo acido della grafite e la nostalgia di estati che non si esauriscono.
Il modo in cui descrivi l’attesa, quell’allungarsi dello sguardo verso l’incerto, mi fa pensare a tutte le volte che ci perdiamo dietro pensieri che non vogliamo nemmeno decifrare fino in fondo, perché sono belli proprio così, sospesi, sul bordo del “significare”.
E poi c’è quel desiderio, quella “lietezza” che arriva come un bacio inaspettato, come un invito a prendere fiato oltre il consueto. Grazie per questo viaggio, per queste frasi che sono lì a farsi leggere come vecchi amici, senza fretta, sempre pronte a schiudersi di nuovo, ogni volta con qualcosa di nuovo da dire.
Un abbraccio e un grande grazie per questa bellezza.
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Intanto facciamo che le porterò sul comodino, queste tue parole… che certamente rileggerò come dici, con lentezza.
Non perché mi mancherà l’estate… ma quello che schiudono 😊
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Cara Nadine, arrossisco perché mi capita nel sentirmi coinvolto e le tue parole lo fanno. Tu hai detto di non essere poeta ma lo sei nel creare, la poesia è libertà di osservare dentro e oltre l’ombra. Neppure io sono un poeta, non l’ho mai pensato, penso che ognuno di noi abbia nel dire, la sua bellezza e che questo narrare il sentito e lo sguardo che l’ha generato, sia per me la necessità di raccontare. C’è poi il mistero che è solo ombra che attende luce. Tu lo guardi con grazia e comprensione ed è la grazia che doni anche a me.
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Mimi, cara amica, nel tuo leggere, non me, la notte, ci siano sempre i sogni che rimboccano e scaldano i pensieri. Grazie per la tua attenzione dolce.
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