

In quell’attività dell’anima,
ch’è scrutare nel mio specchio,
vedo segni del tempo,
un lampeggiare d’occhi,
i tratti che conosco,
ma anche il me che m’è sfuggito.
Allora indugio nei pensieri,
le tracciate mappe, i solchi,
ricordo e seguo:
è lieve il dito e sfiora,
ascolta ancora il dire,
delle oggettive vanità.
Chi mi vede, scivola su tutto questo,
chissà che cerca,
ma anch’io mostro l’ardire,
d’esser sopra il ripiegar la schiena
e tengo per me, e per pochi altri davvero,
il senso di quelle strade
che costante indago.
Di tanti anni, e ripetuti errori,
un po’ per volta m’è uscito il riconoscere
(il ricordo è così mutevole e creativo),
che a dire ciò ch’è accaduto, solo i segni restano oggettivi.
Il pensiero si sospende e più non guarda,
sente il sapere
che una mano ancora lascia impronte di calore sulla mia.
Ed è un andare,
nel guardare ancora,
andare in scelta compagnia,
andare e restar qui,
in cerca di me stesso.
Il pensiero che si distoglie dall’immagine. Ha deciso per un orizzonte altro, si spera sia sempre quello buono.
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Si fa seguendo il daimon, speriamo sia quello buono 😊
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In questi versi, cogli con delicata profondità la complessità del guardarsi dentro, del riconoscersi e del perdersi allo stesso tempo. Scrivere è per te l’atto di guardarsi allo specchio, uno specchio che riflette non solo l’immagine familiare ma anche i tratti sfuggenti, quei segni che il tempo lascia come tracce invisibili e, spesso, inspiegabili. Chiunque si avvicini scivola su questi dettagli, forse incerto su cosa cercare o cosa vedere, mentre tu rimani custode di un’indagine intima, aperta solo a pochi e mai completamente rivelata.
La tua introspezione sembra quasi una mappa, tracciata dalle esperienze e dai ricordi, eppure sorprendentemente sfuggente, come il ricordo stesso, mutevole e plasmato dalle tue mani. Quel “andare in scelta compagnia” racchiude il desiderio di un cammino condiviso e al contempo solitario, dove il tempo passato e le impronte presenti si fondono, costruendo un legame tra te e l’idea stessa di te stesso.
Questa è una meditazione sul crescere, sul riconoscere, sul sentirsi, in fin dei conti, sempre “in cerca di me stesso.” È un invito a restare e partire insieme, a non temere la complessità del proprio riflesso. Il calore di un tocco che continua a imprimere segni, anche sulla tua pelle, lascia la sensazione di un percorso che resta aperto, che accoglie chi sei, chi eri, e chi continui a scoprire di poter essere.
Hai davvero messo in parole un dialogo che sfiora il sacro. Grazie per aver condiviso questo frammento di ricerca e scoperta.
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Ti ringrazio Nadine di questo leggermi, appropriato, profondo, molto vero. Rileggerò il tuo commento più volte per dirti cosa mi fa pensare. Cose belle, naturalmente. Grazie 🤗
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Grazie a te
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