Chi sarà il nostro Steinbeck, il Dos Passo, il Mc Carthy o il John Fante di questo paese che frana? Chi sarà il Volponi, il Levi, il Pasolini o l’Ottieri?
Oggi, in sovrappiù rispetto al ’29, agli anni ’50, anche lo Stato è in crisi. Tutti in depressione, senza orizzonte a breve. Solo le banche ballano mentre oscilla il mondo sull’orlo del vulcano.
Chi descriverà tutto questo, se abbiamo perso gli operai e non ne ha parlato nessuno. Chi parlerà, illuminerà, lascerà traccia d’un mondo che si è sbriciolato senza domande? Senza troppe domande, perché la classe media aveva troppo orgoglio per accorgersi che ne prendeva il posto e diventava proletariato. Ma proprio da quella classe media venivano, vengono gli scrittori che parlano d’altro. Forse non sanno e non vedono, oppure non sentono. Neppure dei loro vicini parlano e raccontano di un mondo di pochi, di un sogno che dovrebbe essere di molti.
E allora chi parlerà dei giorni uguali? Del lusso della noia, dei residui d’una generazione di reduci travolti dai ricordi e privi di voraci sogni. Mancano le strade di periferia, lì dove si staccavano gli operai dagli impiegati, tace la solidarietà trasformata in solitudine, mentre si è spenta la voglia di riscatto nella meritocrazia.
Chi parlerà delle case al mare che hanno illuso sul benessere crescente e infinito, chi si occuperà delle aziende che chiudono in silenzio, degli appartamenti dove si vive, venduti per pagare i conti? Chi scriverà per gli e book e per gli editori di carta, sapendo che il mondo accelera, si scinde, precipita e ci si immerge nelle menzogne fuori della realtà?
Meglio il fantasy, meglio il ricordo, meglio la thriller story, meglio il relativo, i lustrini, lo sport, l’intimismo. Meglio tutto ciò che non induce tristezza. Passerà. Meglio parlar d’altro.
Non resterà traccia. Solo la poesia resiste, ma quella è Cassandra e illusione dei romantici, letta da pochi, vissuta da meno. Non abbiamo Steinbeck, e neppure Fante, certamente non Tondelli, Levi, Calvino, Pasolini o Pavese. Forse non va troppo male. Non ancora.
Si può sperare forse in una.narrazione che si fa collettiva, come fanno gli operai della GKN. Un’opera d’arte.
Questa è una buona cosa, un esempio, non ancora movimento, ha bisogno di rilancio e aiuto