Vorrei raccontarti di quest’anno di indecisione, di attese protratte verso un futuro che adesso pare abbia un vaccino per questa malattia dal nome strano. Andrà bene, così mi hai insegnato, se adopero la testa. Tu ne sai qualcosa, vi siete ammalati, Tu, la Nonna, e tua Sorella. E questo si è aggiunto a quello che era stata la tragedia della guerra e del Nonno. Poi anche Lina se n’è andata. La Nonna non l’ha mai dimenticata. In qualche modo dovevo essere io che avrei riportato una donna nella famiglia, ma non è andata così e la Nonna mi ha voluto un bene uguale. Infinitamente grande. Ma come eravate rimasti Voi due, dopo una guerra, alle soglie del fascismo, avendo perso tutto o quasi. I tuoi anni da ragazzo sono stati allegri, difficili e insieme responsabili. Eravate in due e comunque c’era una dignità, un’onestà antica da mantenere. Mi sembra di guardare nel buio se penso a come devono essere state le giornate, le notti, i primi lavori, il lavoro della Nonna, la casa da mantenere decente insieme a ciò che era il nome. Il buon nome. E immagino le tue rinunce, il costruire quella tua personalità forte e schiva: non ho mai sentito ti vantassi di qualcosa e potevi farlo, ma era la tua essenza che non ne aveva bisogno, e che ho conosciuto troppo tardi. Le poche parole, il fare bene ciò che si fa, il rispettare le scadenze, non dipendere da nessuno, non avere debiti da onorare. Un costruirti forte, nel fisico e nella mente, avere obiettivi semplici ma raggiungerli e poi passare ad altro. E una determinazione, un coraggio che era più grande di Te. Tutto questo senza perdere la tenerezza, la capacità di parlare poco e di far sentire l’amore, le mani grandi, forti di lavoro duro, spesso difficile, ma pronte alla carezza. E la pulizia esteriore e interiore, poche regole ma rispettate, pochi ideali, ma forti e onorati. A partire dall’antifascismo, dal riscatto di chi, come te metteva la dignità nel proprio lavoro e ne pretendeva il giusto riconoscimento.
Hai fatto la tua famiglia con le stesse regole, la stessa gioia del crescere i figli la mostravi nello stare con noi. Quando potevi, perché spesso il lavoro ti portava distante. Tutto quello che ho imparato dello stare al mondo risale a Voi, a Te, a Mamma e alla Nonna. Costruito il telaio, poi la trama e l’ordito si intrecciano con le idee, diventano tempo, colore, aspirazione, ideali, vita. Tu costruivi telai in cui poi essere liberi di fare.
C’è una storia che racconta Hillman sul tradimento e sul fidarsi: un bimbo vuole fare un salto perché sa che sarà accolto nelle braccia di suo padre e così avviene. Poi il salto è più alto e ancora avviene. Il bimbo si fida e vuole fare un salto ancora più alto e il padre lo lascia cadere. Da quel momento non si fiderà più, non solo del padre, ma di chiunque chieda la sua fiducia senza condizioni. Ebbene, Tu non mi hai mai lasciato cadere e se ho ancora fiducia negli uomini, nel mondo, lo devo a Te.
In questa giornata festeggiavamo, ero già grande ed era bello farlo, mi sembrava di essere già uomo. Adesso ti festeggio nel mio cuore, da dove non te ne sei mai andato e tra uomini ci parliamo. Buon compleanno Papà.
Ero sulla canna della bicicletta,
c’era l’aria di primavera attorno e addosso,
tu pedalavi e parlavi indicandomi gli uomini, le cose.
Abbiamo fatto strada assieme,
ho conosciuto con occhi di meraviglia, luoghi e persone.
Nulla è sfuggito del bene e del tuo sorriso,
di ogni cosa che torna sento il calore,
vedo e leggo cose che allora mi sembravano naturali,
come l’amore ricevuto, l’attenzione, il senso della festa quando c’eri.
Di tutto ciò che è caduto, so che era inanimato,
quello che si pigia nel cuore palpita di vita,
e ogni giorno dovrei renderti un pensiero,
un bacio, una carezza, uno sguardo che ritrova la tua mano,
quella che m’accorgo, non ho mai lasciato.
Che bello questo pensiero; un tenero ricordo ❤️
Grazie Marta 🤗