Un secolo è passato invano, quello breve delle ideologie e dei grandi massacri. 75 anni fa era subentrata una speranza collettiva: ci credevamo immuni, ma era solo perché guerre, stragi, genocidi, epidemie avvenivano altrove. Abbiamo sperato, ci siamo illusi che la cognizione di ciò che distingue umano da inutile ferocia fosse più avanti dell’effettiva sensibilità comune. Non era così e allora ci siamo vaccinati al condividere e si è ritornati al si salvi chi può.
Oggi lo stesso privilegio della forza detenuto dallo Stato assieme all’esercizio della giustizia viene messo in discussione. Certo, ci sono reazioni potenti, c’è il rifiuto all’omologazione, delle fake news come verità, ma siamo tutti più sconcertati e più deboli. Se c’è un luogo dove la complessità dovrebbe sparire assieme agli infiniti distinguo è su ciò che è umano e ciò che non lo è, su ciò che giusto e ciò che è ingiusto.
Scegliere o l’ una parte o l’altra, perché l’infinito distinguere già ci colloca fuori dal tempo necessario, dalla storia nel momento in cui si fa. Onorare oggi l’uomo significa applicare al futuro la memoria, rendere il male non banale, esecrabile quando esso viene commesso non dopo. Senza grandi pretese far sì che il bene sia normale e perseguibile. Oltre non è possibile attendere perché ogni varco, ogni pensiero che spera in palingenesi senza volontà, è ignavia. Questo ho capito quando mi spiegavano la Shoah, quando le ragioni delle vittime erano disperse tra la ferocia banale degli aguzzini e il discolparsi collettivo di chi si era girato dall’altra parte. Si è parlato dei milioni di morti, 6 milioni Ebrei, altri 5 erano Rom, dissidenti, omosessuali, comunisti, portatori di handicap, ma delle vite di ciascuna di queste vittime, della loro negazione che cominciava in una catena di norme, delazioni, arresti, traduzioni, torture, dove ognuno dei passaggi era gestito da uomini, non si è parlato. Vite e possibilità negate, tolte con un arbitrio che non aveva alcuna giustificazione e invece tutto si è annullato. I destini di queste persone e il ruolo di chi l’aveva cancellato. Solo rendendo normale la ferocia si trovano le giustificazioni e le assoluzioni conseguenti. Ed oggi che questo si riaffaccia pensiamo che il male non riguarda solo chi assiste ma anche chi è oggetto di persecuzione, di discriminazione, di odio. Le cose sono semplici ed essere solidali è condividere un pensiero che riconosca in ogni uomo, l’uomo con i suoi diritti, doveri, diversità.