Dico che non mi stanco, ma non è vero,
parla il bimbo che nega d’essersi sbucciato e il sangue che rapprende, nel gioco ormai non conta,
ma c’è una stanchezza che ogni volta lascia centimetri al tuo tempo ,
e tutto si raccorcia,
la pazienza o le parole che si perdono prima d’esser dette,
finché restano i si e più spesso i no,
senza spiegazioni.
Le foglie di settembre non si fidano del tempo,
restano, guardando, mentre la stanchezza si traveste,
e assume forme nuove per bisbigliare
che questo l’hai già visto, e l’hai vissuto,
quest’altro già ti è stato detto.
Forse per questo, prima di volare altrove, si distraggono le foglie:
per la stanchezza d’un ripetere che non ha dell’abitudine il calore,
e neppure è nuovo,
ma se tu mi chiedessi se davvero sono stanco,
negherei col capo perché è tutto un gioco
e ci sarà la primavera dopo aver sognato un volo.