l’arte d’intrecciare canestri

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Stasera il vento comincia a ricordarsi che è pur sempre novembre. Domani prevedono pioggia (mi piace l’immagine di questi che prevedono, chissà dove sono, immersi in carte del tempo oppure che sghignazzano chiedendo al nonno se ha i dolori), bello godersi la bicicletta tra le strade illuminate di luce pubblica e dai negozi. Tra poco inizieranno le luminarie, ma quella non è la città che sento domestica, è la città in spolvero, che mostra la propria voglia di festa, di ricchezza. Meglio le falivete delle caldarroste che volano verso l’alto e che sono stagione, cosa di casa. 

Gli occhi del ricordo investigano i segni, un refolo di tramontana riporta ad altri autunni ben più freddi, persone chiuse nei cappotti, sfoggio e necessità di lane, adesso ancora ci sono giacche e al più cotoni pesanti. Capricci del clima. La città non sente freddo, è ancora aperta, accoglie ovunque, le persone per strada che si fermano a parlare, i non pochi seduti all’aperto anche di sera. Si intrecciano voci, appuntamenti, risate e i toni si alzano, si mostrano. Sono distintivi i toni del dire, apparenza, voler essere e mostrare. Attorno è tutto un intrecciare relazioni, dare appuntamenti, proseguire affiancati, costruire reti. Un sociologo inglese ha definito la cultura come l’arte di intrecciare canestri, mettere assieme il dentro e il fuori come si fa con i rami di salice o di nocciolo e ricavarne qualcosa di solido e utile, un contenitore che raccoglie altro, con una sua bellezza. La cultura della città è questo: stabilire connessioni nuove.

Nella piazza si affacciano nove bar, in quasi tutti si può mangiare. In un paio pure bene. C’è ancora qualche tavolo in cui mangiano all’aperto, ora però è il tempo delle sale che si gremiscono. Tavolini vicini, voci che si sovrappongono, chiacchiere e progetti che prendono consistenza. Tutto assieme. Una coppia approfitta del tono alto di due donne per trovare una intimità difficile. 

Questa è mia figlia. E indica una ragazza che approfitta dell’interruzione per consultare il touch screen. Ma dai, sembrate sorelle. Piccole ipocrisie, complimenti tirati e la figlia alza gli occhi infastidita. Tra un’insalata d’orzo e un prosecco, le reti si annodano, costruiscono immediati futuri. Alla coppia luccicano occhi e sorrisi, le promesse mute prendono assai e lo sfiorarsi, lo stringere di mani, i baci fugati, intrecciano possibilità. Questa è una cultura che prescinde dal luogo, così diceva Ulf Hannerz, più o meno. E invece a me piace l’idea che il luogo sia parte dell’intrecciare.

Sugli scalini della gran guardia, altre reti, persone, ragazzi. Cultura come rete che intride persone e luoghi. E’ solo un’idea, una suggestione che mi piace perché penso che nei muri, tra le case, si conservi qualcosa di questa cultura che nasce e ha un passato. Che questi ragazzi, e chi ne è preso, disseminino ciò che apprendono, lo portino con sé per il mondo. E che quella rete non sia solo sentimenti fugaci, ma lingua, sentire, vedere, sensi che nascono in un luogo. Suggestioni, un modo di leggere i rapporti, tenerli, farne esperienza e conoscenza che si trasmette non con i libri, ma come si può, come viene. Anche perché è sera e non fa ancora freddo, ma di calore umano c’è sempre bisogno.

4 pensieri su “l’arte d’intrecciare canestri

  1. Come hai ragione…..il calore umano non basta mai…..espesso il freddo che sentiamo è soprattutto la mancanza di questo!
    Buona giornata! 🙂

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  2. Ecco io qui ci “vedo” altre suggestive “immagini” composte dalle tue parole!
    Belle davvero,
    e poi vere, molto, insieme alle ….Suggestioni, un modo di leggere i rapporti, tenerli, farne esperienza e conoscenza che si trasmette non con i libri, ma come si può, come viene. Anche perché è sera e non fa ancora freddo, ma di calore umano c’è sempre bisogno.

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  3. Suggestione è ciò che ci spinge oltre la superficie, oltre ciò che è abitudine e diventa contatto con l’altro. Che non è più altro, ma parte di noi.
    Buon sabato, qui c’è il sole. 🙂

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