” m’avevano parlato del suo sorriso. Ero venuto per quello.”
La luce si gonfia oltre le colonne, preme sulle vetrate aperte sulla piazza, sui passi lenti del mezzogiorno.
E’ minuta, gentile e lo smoking nero è ancora più scuro sul bianco dei denti.
Un gioco di cortesie, prima d’ordinare, esserci e non, per dialogare tra sé e trovare un aggancio con la realtà.
E il sorriso è davvero bello, da bambina cresciuta, con gli occhi che partecipano divertiti.
E’ lavoro, avrà pensato, questo signore vestito di lino, è inoffensivo. E’ meriggio, e ricordo le poesie sul meriggio, ma qui è Milano, non c’è campagna ed anche i poeti sono da tempo, in difficoltà.
Dovrei dirle che non penso a lei, che la testa è altrove, che il cibo è eccellente, ma non m’importa molto.
Dopo il caffè doppio, ringrazio: il sorriso è un mezzo che porta al parlar d’altro.
La prossima a chissà.
Ci sono certe malinconie che somigliano ad una felicità zebrata e stanno benissimo con lo strumento a fiato che conclude il pezzo.
(mi è piaciuto molto anche il post precedente ma per ragioni che non so ho scritto due commenti e li ho persi.)
muraglie roventi ovunque.
pallide, le speranze.
assorta?
…intenta, forse.
a raccogliere cocci (aguzzi ) di bottiglia…ogni giorno.
in difficoltà…proprio come i poeti.
…e non solo a milano.
🙂
bello potersi concede di inseguire un sorriso…
concedere, pardon