monte sole

Alla fine per contarli, nella violenza icastica dei numeri, si arrivò a 775 morti tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944. Però ancor oggi non se ne conosce il numero preciso, non pochi rimasero insepolti per mesi. Negati prima, dalle autorità, contati per differenza poi, confrontando chi era residente tra il 1943 e il 1945. Scorrete i nomi, in calce c’è un link, sono centinaia, donne, vecchi, bambini, contateli voi. Guardate quei nomi, quelle età, ricostruite le famiglie, ambientatele nella fatica del lavoro, nella consuetudine, non priva di gioie del quotidiano, pensatele come vite vere, non una contabilità dell’orrore. Esistevano e furono interrotte. Guardando alle lapidi penso a ciò che non è stato, ma ancor più a ciò che era la vita per ciascuno di loro. E mi smarrisco. Non c’è nulla a cui attaccarsi, una ragione, un fine che non contenga esso stesso l’orrore assunto a modalità del comunicare. Volevano insegnare a non ribellarsi, a non dare aiuto ai partigiani, fare terra bruciata attorno ad essi. Non importava la responsabilità, che responsabilità poteva avere un bimbo di un anno lasciato a morire di inedia e disperazione sui corpi dei genitori e fratelli per 5 giorni? E con lui, gli oltre 200 bimbi, spesso in fasce, che quando andò bene morirono subito, che responsabilità avevano? Come si potè replicare infinitamente la morte, un orrore, e non esserne parte? Perché chi uccise aveva figli, mogli, genitori, eppure non li vide negli occhi e nella disperazione di chi stava ammazzando.

Centinaia di uomini, tedeschi e italiani, parteciparono al massacro che durò una settimana. Pochissimi si rifiutarono. Dei responsabili, solo Walther Reder, il comandante, fu condannato all’ergastolo nel 1951, scarcerato nel 1980, morì a casa propria nel 1991. Degli altri 10 condannati all’ergastolo, piccola parte dei colpevoli, nessuno scontò la pena e l’estradizione fu rifiutata.

Mi chiedo cosa resterà di tutto questo quando sparirà la mia generazione, se saranno solo numeri, che poi occultano le vite, oppure se questo significherà ancora qualcosa. Me lo domando perché in questi luoghi, come nei sacrari, le persone diventano astrazione, il numero prende la prevalenza e nasconde le piccole storie. Quelle identiche alle nostre, così importanti per noi. E così la pietà diventa orrore, ma serve solo la pietà, perché questa resta, limita la ferocia, insegna a vedere, educa. 

Una parte dei nomi dei caduti li potete trovare qui: http://www.eccidiomarzabotto.com/storiaeccidi.php

L’uomo che verrà di Giorgio Dritti, è un film che racconta con semplicità ciò che accadde in quei giorni.

il maggiore Walther Reder, comandante del 16° battaglione Panzer Aufklärung Abteilung della 16° Panzer Granadier Division “Reichs Führer SS”, seminò di stragi l’appennino assieme a reparti italiani della repubblica sociale.