domande sull’ingratitudine

Per quale motivo, spesso, chi ha ricevuto del bene non lo restituisce al suo benefattore caduto in disgrazia? Anzi, non di rado diventa indifferente, se non critico od addirittura schierato con i nuovi detentori del potere.

Quali sono i meccanismi che trasformano la gratitudine in invidia, già durante il rapporto, ed infine nel ripudio, anche del ricordo, di come e perché vi sia stato un bene?

Non si tratta di portare innanzi chissà quale legame, ma riconoscere che del positivo c’è stato. Poi non serve altro, se non il rispetto per le persone che hanno dato. 

Nell’esercizio della gratitudine servirebbe compostezza, non sbracarsi prima e non rinnegare poi, insomma riconoscere ciò che ha arricchito entrambi, chi ha dato e chi ha ricevuto. Invece manca spesso il rispetto del passato che fa guardare innanzi e che non rinnega ciò che è stato.

Diceva Flaiano che questo è un paese che corre in soccorso dei vincitori. E’ ben strano il mondo che distingue tra vincitori e vinti solo in termini d’interesse e credo che Flaiano avesse ragione nei confronti di chi non è abituato a considerare il rapporto tra persone, se non come un rapporto di potere. Per questo non mi piace l’ossequio, e neppure che si consideri il potere come qualcosa che discrezionalmente può dare, e che esercita un dovere nel dare in maniera diseguale: di più ai propri. In questa concezione dei rapporti l’uomo diventa suddito e quando si ribella, e gioisce se chi aveva potere cade nella polvere dopo averlo adulato, è peggiore di chi abbatte.

E’ un trasformismo che troppo spesso si vede nelle piccole cose, nei rapporti quotidiani e tra le persone, e che ferisce molto più del fatto di non avere più un ruolo a chi l’ha perduto. E’ il tradimento di ciò che è stato.

Mi chiedo quanto di tutto questo sia insito nell’uomo che legittimamente deve superare il momento del ricevere e quanto invece risieda nella maleducazione che impedisce di oltrepassare l’oggetto ricevuto e vedere la persona che dà. Nell’antropologia del dono si rinserrano i vincoli, si riconosce il gruppo, le persone crescono sapendo di poter contare sugli altri, ma non pretendono, non adulano, non diventano appartenenti a qualcuno.  Così si supera l’imbarazzo di ricevere e il gesto gratuito diventa consuetudine, ospitalità, modalità nell’ essere e nel riconoscere l’altro uomo.