elogio della differenza

Micromega parla di piazza navona dicendo: “è solo l’inizio, l’impegno ritorna”.

Fosse davvero così! La mia sensazione è che la cosa sia molto più seria e che l’operazione PD abbia sottratto una parte consistente di terreno al dibattito sul riformismo e sul socialismo.

Banalmente, sono transitati altrove molti consensi possibili di operai, impiegati, giovani, precari. Persone che hanno perso la fiducia su un progetto più alto, che fanno fatica  a far quadrare i conti, che preferiscono proiettare sogni su un futuro troppo buio per essere reale. 

Eppure, fino a poco tempo fa, queste persone erano nella sinistra, adesso hanno le stesse parole d’ordine del governo:sicurezza anche abbassando la libertà individuale, guerra al pubblico “fannullone”, fastidio per il diverso, per l’immigrato, diversificazione dei diritti individuali e collettivi in relazione alla provenienza geografica, ecc.

Queste persone, che venivano in piazza per la pace, per il lavoro, per lo stato sociale; non verranno più, semplicemente perchè non sanno collocare i loro interessi individuali in una prospettiva più larga, in un comune sentire che entusiasmi, così hanno abbassato desideri e soglia del cambiamento. D’altronde dopo l’annullamento della differenza della sinistra, così ben rappresentata da Berlinguer, si è scivolati nel processo di omologazione al sistema e questo ha sempre avuto la tendenza a depauperare l’espessione del dissenso, a livellare la specificità.

Oggi l’aggregazione avviene al centro ed in questo si confrontano le idee politiche di governo, così le ali sono ridotte a testimonianza, non a prospettiva di cambiamento reale. Gli errori non insegnano, sono emendabili, cancellabili, ma in questo modo perdono la loro fnzione di catalizzatore del cambiamento.

Che dire di un gruppo dirigente che non si mette in discussione, che tutela, non l’idea o il progetto, ma se stesso, come fosse l’unico rappresentante della prospettiva. Non un dibattito, non un’ analisi che comportasse conseguenze, ammissioni di errore, dimissioni: tutto consegnato a riti burocratici che evocano la democrazia ma la manipolano in senso conservativo. C’è un primato dell’esserci, per cui il voto diviene funzionale, orientato, percorrendo, così, i riti comuni a tutti i partiti. La stampa, le riunioni, le iniziative divengono prerogativa dei gruppi dirigenti, chi esprime tesi diverse non ha tribune istituzionali. Gli stessi sindaci Chiamparino, Cofferati comprendono che l’arroccamento in corso frantuma prospettive, annulla idee. 

Ma quali proposte innovative sono nate in questi mesi, quali analisi e prospettive verificabili? Le stesse primarie oggi, si fanno, quando “non indeboliscono” il candidato: buffa considerazione sui meccanismi di scelta aprioristici e sulla capacità del candidato di attrarre consenso.

La diversità di appartenenza d’un tempo, del resto simmetrica, allora, nello schieramento avversario, partiva da considerazioni forse “ingenue” di differenza, di baluardi e posizioni da tenere, pena la confusione. Nel metterla da parte, si è creato un terreno indistinto e chi ancora la interpreta, spesso è scivolato nello snobismo di sinistra, con il corollario del rifiuto dell’analisi dell’avversario, rinunciando così, all’unico strumento che consenta di vincere una battaglia.

La diversità, invece, è la capacità di cogliere ciò che muta, di capire le ragioni del mormorio sociale, di inserire quanto accade e può accadere, in un progetto ampio, chiaro, fondato su presupposti condivisi: la laicità dello stato, l’eguaglianza individuale e collettiva, la solidarietà, la preminenza del fine comune, la libertà individuale.

La differenza tra idee e prospettive fa scendere in piazza le persone coscienti di un fine specifico ed uno generale, dove quello generale esprime una visione diversa della società rispetto all’avversario, ne fa una prospettiva collettiva e in questa inserisce i singoli atti, le battaglie puntuali. Serve un ordine, una chiarezza interiore per la differenza, ma senza differenza non si procede, non si è convinti e schierabili.

Un esercito con truppe disorientate, ecco il panorama dell’attuale situazione politica di opposizione: per questo l’impegno non è dato, ma da conquistare con fatica e costanza per cambiare davvero. Il resto è conservazione non riformismo.

divide

Stanno passando, nell’indifferenza e nel dileggio degli italiani, i provvedimenti del ministro Brunetta in materia di lavoro nel pubblico impiego. Se si colpisce l’assenteismo o i finti ammalati, è una azione meritoria, anzi doveva essere una sensibilità della sinistra distinguere e colpire chi non lavora.  E non aver paura di rompere un tabù sul lavoro a prescindere, ma oggi, la soddisfazione generalizzata che stanno producendo i provvedimenti, in particolare nei lavoratori dell’industria ha ben altri effetti. Si sta infatti, determinando una spaccatura ancora più accentuata nel mondo del lavoro, che rompe i meccanismi di solidarietà tra lavori diversi. Ciò che voglio dire è che il giudizio generale sui lavoratori pubblici non colpisce il deviante, l’assenteista, ma tutti i lavoratori di questo comparto. L’ulteriore effetto è che non si discute dei diritti comuni, ma di diritti differenziati. Se un lavoratore del privato, con pochi diritti, magari precario, solo esulta e plaude per un privilegio tolto e non guarda alla propria condizione di sfruttamento e incertezza di futuro, non capisce il proprio stato. Per sgomberare il campo, sono contro i privilegi, sono per la giusta retribuzione del lavoro fatto, per diritti egualitari sul lavoro. Ed invece ho la netta impressione che si stia estendendo l’area della precarietà e che non si percepisca che si parte dal pubblico impiego per poi attaccare gli altri comparti del lavoro. La mia proposta è semplice: diritti eguali e rigore Ma dappertutto. Con un nuovo statuto dei lavori e dei lavoratori valido ovunque. Oggi si gioisce perchè il vicino viene colpito, domani toccherà a noi. Magari partendo dalla malattia o dal congedo per maternità, o dal tfr, prossima vittima designata. Ecc. Ecc. La lega a nord coinvolge e arruola adepti nel mondo del lavoro, indica il nemico: il sud, l’extra comunitario, differenziando le paghe sui posti di lavoro, rifiutando gli impiegati meridionali, parlandone come di assenteisti e fannulloni. Questa cultura si estenderà e nell’indifferenza invaderà anche il sud, allora chi pagherà per primo saranno i deboli in queste aree, i lavoratori dell’industria e dei servizi. E poi toccherà al nord. Ma con il mondo del lavoro spaccato sarà facile vincere e far scordare che non sono solo i devianti il problema di questo paese. Chiedetevi quanti privilegi sono caduti in parlamento in questi mesi e se per caso non ne sono stati aggiunti? Da quello che rispondete può iniziare la riflessione.

“nostri”

Napolitano non è più dei “nostri”, non il Presidente della Repubblica che non può essere di nessuno, ma proprio il “compagno” Napolitano non c’è più. Bisogna evitare le confusioni, non rivolgersi al dirigente di lotte di un tempo, che adesso è altro. Pertini, Scalfaro e lo stesso Ciampi ci avevano abituati ad un ruolo non disgiunto dalla loro storia precedente: padri nobili in grado di distinguere i figli e di indirizzare, correggere, rifiutare. Napolitano ha fatto una scelta di garanzia che partecipa dall’alto, che prende atto dell’equilibrio politico attuale del paese. Questa la mia impressione. La fedeltà alla costituzione non è in discussione, ma l’intervento è morbido, delimitante dei poteri. Così ho letto il richiamo sul ruolo del CSM, la firma del lodo Alfano, gli interventi per moderare gli animi. Quietare, placare, parlare, mentre la richiesta impropria è altra: arginare, impedire, evolvere. Non so come andrà per le nuove leggi elettorali e neppure sulla tutela del lavoro e del welfare. La sicurezza nei luoghi di lavoro registra morti quotidiani, l’attenzione dei media è altrove, era un tema sollevato dal Presidente con forza. Segno che non basta indicare il problema. Quindi forse questa terzietà avrà difficoltà a continuare perchè il paese è a rischio di integrità se non fisica, certamente ideale ed etica, Ministri della repubblica si esprimono villanamente, sui simboli dello stato unitario. C’è un cambiamento radicale di contesto. Nulla di tragico. Per ora. Ma non è il Presidente Napolitano che risolverà il problema dell’opposizione e delle idee carenti della sinistra e del riformismo. Non Lui.

<!– –>

premier

Scoprire i problemi di Berlusconi non è difficile, basta leggere le leggi che fa.

(Benigni)

L’anomalia di questo paese è l’assenza di etica alta e condivisa.

Come si fa a spiegare il comportamento deviante di chi dovrebbe stabilire la devianza e la sua sanzione?

Come si fa a spiegare che tutto questo interessa una parte minoritaria del paese e che la stanchezza cresce?

Come si può spiegare che l’opposizione non è alternativa alla maggioranza?

Come spiegare che i comici dicono la verità e tutti ridono, anzichè piangere? 

Noioso, sono noioso come una mosca in bottiglia.

disaffezione

Prima notte calda, giusta per sedersi in terrazza e pensare ad un tema in cui sono scivolato negli ultimi anni: la disaffezione dal mio partito.

La mia storia politica nasce prima del ’68 e parte dalle persone, dalle storie individuali. C’è ingiustizia che circola, ho analisi rozze, più che altro sensazioni. Sono certo che si può cambiare e che chi lavora ha ragione, così arrivo al sindacato, solo dopo qualche anno, al partito. Ho fatto il militante, il dirigente, l’amministratore pubblico, ho rifiutato incarichi, fino a dimettermi. Troppo indipendente, inaffidabile. Così sono tornato alle persone. Non è stato facile, anni di peso, malumore, ma adesso sono sereno. E’ stata una belle esperienza ed ora torno da dove sono partito. Certo, adesso gli operai votano lega e non pci, il lavoro sembra una variabile da usare a piacimento, ma le persone mi appassionano ancora di più e ancora credo che possa diminuire l’ingiustizia. Solo che la linea del mio partito non mi convince più, è distante da me e forse da molti altri. Vorrei che le idee della sinistra fossero almeno discusse. Che si dicesse qual’è la speranza e la direzione del cambiamento.

Oggi bisogna fare argine, analizzare il presente e proporre un futuro accettabile, riformare la rete di consenso e della speranza sulle idee di cambiamento. 

Mi è tornato in mente “per chi suona la campana” e “terra e libertà”. In Spagna nel ’37 c’era tutto: il macello delle idee e delle persone, lo scontro a sinistra, gli ideali, l’entusiasmo, il cambiamento, la coscienza delle battaglie da combattere. E il mondo pensava che quello che accadeva avrebbe cambiato la vita di tutti.

Aveva ragione.

quanto dura l’eternità

Quanto dura l’eternità: 5 anni. Forse.

Stamattina l’erba è lucida, con gocce di pioggia che stillano verso le macchie di narcisi piantati dal comune. Fanghiglia sul delimitare del verde. Traffico intasato, con semafori rossi a ripetizione: la vendetta del colore contro le auto e i loro guidatori leghisti. Qualche bestemmia urlata verso chi non si muove in fretta.

La bestemmia da queste parti è d’uso. In mattinate limpide e fredde di lavoro all’aperto, ho il ricordo dello scandire delle parole contro dio e i santi. Non cose da carrettieri, ma rivolta contro la fatica e la chiamata in correo di chi doveva provvedere. Ma qui c’è solo impazienza ed accentuazione della rabbia.

E’ un giorno di pioggia, come tanti. Sui visi le solite cose: preoccupazioni per il lavoro, amori soddisfatti, interrotti, precari, alternati. Nel senso del fuori uno avanti l’altro. C’è qualche felicità pensata che illumina gli occhi. Le donne sono più brave, non si vantano troppo, parlano sottovoce; se c’è una confidenza, per le lacrime e i risolini, si appartano.

Al bar, confusione di soliti, le brioches escono calde dal microonde con la familiarità del cartone scaldato e unto. Chi mi conosce fa battute, chiede della vittoria e della rimonta. Mi verrebbero parole oscene, non ho ancora digerito per scherzare: ieri sera ho spento il telefono per stanchezza. Faccio il serio e accosto Casarini e Bossi come vincitori. Il primo darà rappresentanza extra parlamentare alla rabbia e il secondo farà il federalismo di chi può. Per tutti gli altri lo stato.

Ieri in un commento mi veniva ricordata l’umiltà nel dire, forse posso convergere nella sobrietà, nelle passioni, nelle vittorie e nelle sconfitte. La valigia con poche cose: quelle essenziali e il viaggio davanti. Il miles porta con sè i ricordi e la nostalgia, cose che a poco servono in battaglia. Neppure il dubbio serve nell’azione. Tutti lussi per il riposo. Ed ora la scelta è tra riposarsi e lottare.

In questo parlamento non ci sono più comunisti e neppure socialisti e verdi, ma Ciarrapico sì. Il senso di scoramento che prende davanti ad una traversata è tangibile.

Nel cielo nuvole alte e grigie, ancora pioggia in arrivo, l’erba è spruzzata di fango e anche i narcisi hanno le loro bestemmie da dire.

tartufi e pomodori

Quanto accaduto a Bologna, con Giuliano Ferrara, mi ha riportato alla mente un comizio di Pannella, a Padova, negli anni buoni della contestazione. Pannella era liberale, anticomunista e digiunante da un mese, per qualche buon diritto poco condiviso. Il luogo del comizio era piazza della Frutta, uno dei luoghi belli, della città. Ne avevamo parlato, ridendo, nei giorni precedenti, finchè era nata l’idea della contestazione non violenta. Già allegra prima di attuarla, l’idea divenne bella, nel suo divenire. La cosa fu semplice: una tavola imbandita sotto il palco, ricca di pollastri, paste fumanti e di mescite di vino, con noi seduti a mangiare e conversare, mentre il digiunante parlava. Poco tenero, ma spiritoso il Pannella. Meno i radicali che tentarono lo scontro, ma la non violenza prevalse. E come poteva essere altrimenti?

Ciò che non mi convince di Bologna è il coro sul finto Voltaire, dell’immolarsi perchè l’avversario possa parlare. Questo, al massimo, mi andrebbe bene se l’altro facesse altrettanto, ma non è così . E allora non facciamo i tartufi, fingendo di non vedere qual’è la posta in gioco e la natura dell’attacco ai diritti. Se i centri sociali, non mi convincono per ciò che fanno e dicono, parlare ad alta voce e dire qualcosa di diverso, aiuta ad uscire dalla purea di pomodoro in cui ci siamo ficcati.

Lo sapete che voto partito democratico, mi sembra la cosa sensata nel momento in cui si arrischia la deriva, ma ciò non toglie che un pò di aria protestante in questo paese serva. Solo per capire che fuori c’è la primavera.

p.s. non condivido il giudizio di chi dice che questo episodio, abbia dato fiato ad un candidato scomparso. Se fosse così, il calcolo, sarebbe davvero positivo, perchè ogni voto che transita dal competitore al voto inutile, è un voto guadagnato.

l’avrete notato

L’avrete notato, parlo d’altro, guardo panorami, evoco passioni personali, scrivo di sentimenti, bisogni, desideri. Eppure un pensiero non riesco ad esorcizzarlo: perchè dovrei meritarmi 5 anni di epigoni del berlusconismo? Badate bene, non mi preoccupa la politica liberista, la cantilena sul comunismo incombente, e neppure la possibilità di una Italia a coriandoli regionali. Se la destra fa il suo mestiere con coscienza, il dualismo conservazione vs. innovazione è parte del sistema democratico e non guasta le fondamenta comuni. Ciò che non sopporto è il dilagare di un modo di pensare in cui il denaro ordina il valore sociale, la solidarietà viene confusa con carità, il codice è orientato dai problemi delle lobbies, il lavoro giovanile o maturo è un prodotto della fortuna, la sanità, la scuola pubblica e le pensioni sono pesi sociali. Ciò che temo è che si disfi definitivamente il tessuto lacero che ci tiene assieme, che gli interessi personali prevalgano alla luce del sole su quelli collettivi, che il senso comune della moralità dell’agire pubblico venga stravolta. Il centro sinistra ha fatto molto perchè emergesse un senso del relativo, nell’agire politico. Forse non poteva fare le riforme con una maggioranza così composita, ma questa idea di mediazione e compromesso, ha portato verso un paese che non si entusiasma più per i propri valori. Ora le cose sono più nette e gli schieramenti definiti, ma il problema è salvare i fondamenti: la laicità dello stato, la difesa dei diritti della persona, l’eguaglianza sociale sostanziale, il diritto al lavoro e alla retribuzione. E chiedersi da che parte questi diritti potranno crescere, magari insufficienti e con incazzature, adesso e nel futuro.