Non collaborare, lasciare che sia il governo a governare, fare opposizione, difendere chi è debole, chi perderà il posto di lavoro, chi non galleggia. No. Non capisco quello che non sia difendere i diritti individuali e collettivi, la responsabilità dell’opposizione è verso la propria idea di paese.
Archivi tag: limes
Prigogine mail
Il tempo pulsa, si contrae, è un animale preso in mano che conosce il suo destino. Di questo ti parlavo, quando mi rinfacci che per te, di tempo non ne ho mai. Il tempo lo teniamo in tasca, spiccioli da dare senza memoria, lo teniamo con cura solo quando, ce ne viene chiesto troppo. Ti spiegavo che, di tanto in tanto, una magia accade, tutto si riordina e anche ciò che davvero è più importante, prende un posto più discreto, ammiccando appena. Se un bimbo non ti offre la sua mano, la routine ti avvolge e di tempo in tasca ne resta sempre meno: una priorità ricorderà il suo posto, un sentimento sarà meno urgente. Il mio tempo è stato lungo, disperso e responsabile, ho scialacquato tra vincoli e noie, tutto difficile da scordare. Eppure, spesso immemore, la sera allineo le mie monete di tempo, ne faccio piccole torri e mi sembra ancora tanto. E se per te è poco, di quel poco, potresti serbare un sorriso. Ritrovare l’allegria di chi ha disperso, senza pensarci troppo. Con il tempo si diventa avari cercando il proprio da altre parti. E’ così che il nostro tempo non gode e vogliamo quello altrui. Solo che a furia di rovistare in tasche d’altri può subentrare al riso, la ripulsa, ed allora non c’è n’è davvero più. Di tempo. Per Te.
Invio questo messaggio negli spazi siderali, là dove il tempo nasce e con noncuranza si piega e avvolge in una spirale entropica senza sentimenti. Indifferente.
attesa
L’ho capito ieri mattina, la vetrinetta dove tengo una piccola collezione di solidi geometrici di cristallo, manda bagliori. Tracce di luce sulle pareti da seguire pensando ad altro. E ogni mattina, mentre non ci sono, lo spettacolo si ripete in silenzio, come un amore trascurato. Non pensiamo a chi ci sta vicino, non lo vediamo distratti dal mondo, mentre questo attende silente, sciorinando meraviglie senza spettatori. Cose d’ordine antico e immobili, desiderose d’ una mano che tolga polvere: basterebbe un gesto d’ammirazione in cui credere per farle attendere fedeli.
confini
Questo articolo mi ha riportato alla mente i racconti terribili ascoltati, senza parere, quand’ero piccolo. Due zii maschi concludevano dicendo delle loro disposizioni post mortem per essere sicuri di non risvegliarsi. Non c’erano i trapianti e forse avrebbero preferito essere spenti contando ancora qualcosa, piuttosto di ribadire la morte. Ciò che penso è che il diritto non si spenga per decisione altrui, che il confine lo poniamo noi e decidere prima, coscientemente, è allo stesso tempo, un atto personale e sociale. A questo punto basterebbe codificare una prassi e dare un consenso esplicito per fare incontrare dubbi, etica e volontà individuale.
il giovane blogger
Alla ricerca di un nik inagibile, rovisto tra blog abbandonati: c’è un’umanità che si è stancata presto. Una notizia di sè, un commento del 2004, poi più nulla. Alcuni neppure quel commento e morti di solitudine. Per motivi economici, abbiamo decine di migliaia di blog, nulla viene cancellato, forse nella speranza che la vita rifluisca, ma credo che in fondo non interessi a nessuno. E’ come osservare le lapidi di un cimitero, senza curiosità necrofile, per capire dov’era la vita, ricostruire le storie scrutando volti, mettendo assieme parole e interessi. Per provare un giovane blogger si è cercato un’altra identità, ha costruito un’idea di sè e l’ha poi abbandonata dopo poche o molte parole. Schiuma d’intelligenza, di comunicazione. Cerini per la notte. Il blogger cerca di toccare qualcosa. Si protende, guardando dentro a raschiare sensazioni e molto fuori, in attesa di conferme, dialoghi, comprensioni. Il blogger offre la sua solitudine e aspetta, curioso di sorprese, con il vestitino buono. Come ogni scrittore, dipende dal lettore, dall’attenzione comprensiva. Oltre il piacere della parola ben levigata, c’è una speranza che qualcuno alzi il telefono dicendo: ci sono. Picchettare un territorio e lasciare la porta aperta, come nella notte quando la solitudine non ha paura del buio, del silenzio, ma dell’anima rigata che altera le dimensioni. E basta una presenza, ad animare la notte.
Ma poi ci si stanca e non è da uomini vivere di schiuma.
passione quieta
Una passione quieta, da notte incipiente, con la brace che percorre la legna fino a consumarla tutta. Passione fuori d’abitudine, fatta di piccoli regali, qualche nome segreto e sogni da scorrere come rosari tibetani.
Assieme, parola asincrona, polita da mani pazienti, determinate. Ansanti a volte, a volte forti, mai banali o disattente. Assieme è da maneggiar con cure rivestite, d’amore, d’affetto, da desiderio. Prescinde da contratti e pali, recinti e fossati. Assieme, senza noia, con amplessi gridati e risolini soffocati. Tanto domani ce n’è ancora, non c’è fretta.
Ho scritto a Te, passione, con la sanguigna, che in questa vita sabbatica assieme viaggerei, a lungo, leggero di bagaglio, usando il mezzo che più mi piace: il tempo.
a volte
A volte, sembra, basterebbe poco: un gesto e un passo deciso, un invio premuto. La vita cambierebbe e la valigia, da sempre pronta sotto il letto, avrebbe modo di conoscere treni e stanze nuove. Poi il pendolo che abbiamo in testa ferma il tuffo sul trampolino, la mano scivola sul canc, il braccio si arrende verso il basso.
A che serve il caso se non gli permettiamo di lavorare?
confesso
Con un processo silente e subdolo, le parole delle canzoni, dei libri, dei film hanno cominciato a specchiarsi in quello che provavo. Non usavo e non uso le stesse parole, ma riconoscevo cose mie in ciò che sentivo e leggevo. Mi direte che lo fanno tutti, e credo sia davvero così, ma tutti non significa nulla nei sentimenti ed io le parole le avevo già per descrivere ciò che sentivo. Queste frasi, a volte importanti, ma spesso banali, diventavano nuove perchè erano esterne a me. Come se uno mi parlasse conoscendo ciò che accadeva ed io lo prendevo sul serio. Nei miei libri o in quelle che io chiamo ife, cioè radici profonde per la mia storia, si parlavano pensieri trasversali: il nuovo e la traccia della mia eguaglianza. Sottolineature, annotazioni, la vera storia sottostante come film girato in sequenze di clip, con un montaggio a copione aperto e pagina bianca. Gli appunti scritti con furia, le tracce iniziate e non proseguite, il lasciar perire l’intuizione, il culto dell’attimo seguente, l’unione del vissuto con il desiderio. E avanti, mettendo assieme versi, immagini, suoni, tutto a descrivere emozioni in corso, unendole alle mie, scavando parole e testi, reinterpretando fino a sentire di essere vicino al vero. In quel momento, almeno. Se vediamo il software enorme a disposizione come una immensa discarica di pensieri ed emozioni, prendere ciò che si trova e ritagliarlo, non significa vivere vite d’altri, ma trovare il fattor comune della nostra follia vitale. Ecco, in questo ho avvertito l’arte della vita che è ricombinare quello che esiste con quello che sarà e che così ci rende attori di noi stessi.
second life
c’è parecchio movimento in second life, capannelli e girotondi, non mancano solitari, soprattutto cuori e cervelli. Qualche diamante.
- Chi fa la prima donna,
- chi chiacchera e si tira la gonna,
- chi beve aspettando parole,
- chi ci prova alla luce del sole,
- chi si sente trascurato,
- chi non lo caga nessuno e non se n’è avveduto,
- chi ha altro da fare e per un attimo s’è fermato,
- chi nel frattempo è disoccupato,
- chi ha alzato l’asticella ma non ha saltato,
- chi legge e parla a perdifiato,
- chi non apre bottega,
- chi si è già stufato,
- chi prende lo spunto,
- chi copia uguale sputato,
- chi è fuori tema,
- chi è fumato,
- chi il cervello s’è bevuto ,
- chi col matrimonio è scoppiato,
- chi la dà a vedere,
- chi l’ha vista e lo fa sapere,
- chi la dà senza parere,
- chi è incompreso,
- chi è pinocchio,
- chi che se lo pubblicano schianta il mercato,
- chi fa finta di capire,
- chi ha capito e non lo dà a vedere,
- chi è in disparte perchè non l’abbiamo meritato,
- chi c’è e non vorremmo averlo meritato,
- chi vola alto,
- chi vola basso, più o meno a quell’altezza lì,
- chi scava le parole,
- chi racconta delle fole,
- chi alza la posta,
- chi ha la faccia tosta,
- chi è temporaneamente assieme,
- chi spiattella le sue pene,
- chi è uscito e non è rientrato,
- chi è rientrato, ma è proprio andato,
- chi si è preso un congedo,
- chi racconta il suo stufato,
- chi si sente ingrassato,
- chi da tempo riposa,
- chi si è incattivito,
- chi dà il benservito,
-
chi la notte è in bianco,
- chi tiene banco,
- chi si è pentito,
- chi adesso è in viaggio,
- chi è appena tornato,
- chi ha un sentimento nuevo,
- chi ha un sentimento usato,
- chi ha perso fiducia,
- chi non ha mai avuto torto,
- chi scrive con trasporto,
- chi ha rotto col mondo,
- chi mangia un gelato,
- chi ha tutto sbagliato.
- chi tiene e non molla,
- chi cerca una spalla,
- chi si sente tranquillo,
- chi parla coi muri,
- chi fa discorsi maturi,
- chi dorme e non vede,
- chi proprio non crede,
- chi scrive poesie,
- chi vuol simmetrie,
- chi aspetta un segnale,
- chi a volte è banale,
- chi era convinto ma è andata male
- chi scrive giulivo,
- chi vuole un motivo,
- chi aspetta un aiuto
- chi dà un contributo.
il gatto Fritz
Lo spunto lo devo a Neru e purtroppo non ho il suo estro : http://lalbadentrolimbrunire.wordpress.com/2008/08/27/metafore-fumettofile/ .
L’approccio del maschio è sempre sopra le righe, quando c’è un fine immediato, molto rilassato, invece, quando non ha attese a breve. Simpatico, ironico, allusivo senza eccedere: nella fenomenologia dei rapporti lo stile emerge in maniera inversamente proporzionale all’arrapatura. Mi viene da pensare che la mutazione dell’amico e dell’amicizia è in questo oscillare di tempi e desideri. Difficile stare con donne belle e non desiderarle, ancor più difficile conoscerle molto e non volerle conoscere di più. Se questo è vero, quando il resto accade, è sorprendente, quasi senza merito.
Esplicitare il desiderio con il commento pesante deve essere in una regola condivisa, in un codice accettato. Se parlo all’amica delle sue tette devo sapere dove il commento diventa piacere condiviso e dove il ceffone mi farebbe bene, posso correre il rischio ma devo anche accettare che lei parli del mio culo o della mia età e riderci sopra anche se non mi piace. Quelli appena bravi usano linguaggi diversi in contesti diversi: ciò che eccita a letto, offende al bar. Basta capire dove si è e, se si confondono i posti, imparare in fretta. Il fatto è che per sedurre occorre tempo e che l’usa e getta rispetta il proprio nome in ogni rapporto.
Ma c’è una riflessione che si agita, come una partita olimpica di ping pong, dentro la melona: cosa vogliono in realtà le donne? Non mi è mai passata l’idea che vogliano essere rapite, ascoltate, ammirate, stupite, ma non solo questo. Esigono un animale mediamente intelligente e non chiedono meno di quanto chiederebbero al proprio gatto: tenerezza e indipendenza, appartenenza e libertà. Ossimori e qualcos’altro che il gatto usualmente non può dare.