piccoli nodi

IMG_8161[1]

Appena sopra la scala, all’inizio del corridoio su cui si affacciano libri e stanze, c’è un tappeto da preghiera mal riuscito nella sua forma un po’ trapezoidale. Di certo si potrebbe rimettere in sesto, basterebbe tirarlo bagnato e poi pazientemente attendere.

Quando lo pensavo, mi venivano a mente le rocce mammellari levigate dai fiumi tra cui son nate civiltà e tappeti, e questi, con sapienza ancestrale, venivano stesi dopo essere stati lavati. Prodigi di piccoli nodi, lisciati dall’acqua, dal sole, dalla piccola polvere che era odore di erba e di terra, di caldo e deserto, di piccoli semi e di lieviti, a trovare la propria dimensione e lucore. Quel tappeto da preghiera rimandava a un telaio artigianale, anche nei suoi colori ingenui, che oscillavano tra figure geometriche ammiccanti figure. Ed era il cenere che passava per il nocciola e puntava al rosa ciprea e al rosso in una tavolozza anch’essa ordine, oppure era viceversa, ed erano i colori che si riversavano nella geometria, con il rosso che confluiva in piccole linee attraverso i nocciola, gli azzurri, i blu, nel grigio soggetti alla forma e alla linea. Pensieri oziosi, ma i particolari piccoli evocavano la figura umana interdetta, e come l’occhio cerca forme nelle nubi, o nelle venature del legno, la testa si perdeva in un riposo inusuale privo di pensieri. Meditare sulla forma.

Mi piaceva quel tappeto così irregolare e morbido, senza ricercatezze estreme, ingenuo eppure sapiente. Favoleggiavo di ginocchia e talloni che l’avessero calcato nell’inchino che raccoglie il corpo in posizione fetale. La preghiera come un ritornare alla madre. Ed io che non sapevo bene cosa significasse pregare, ne rispettavo il contenuto e la forza intuita nella forma. Un affidarsi alla sensazione della propria misura. Mi era chiaro e più pregnante quell’Inshallah che sperava fidente e riportava tutto a un ordine benevolo. E la regolarità apparente dei disegni era annuncio di un meditare, di un vedere oltre, mentre il perimetro della forma parlava al nostro limite, il bacino più largo accolto alla base del trapezio. Anch’esso un richiamo alla mediterranea dea madre.

Come una geometria elementare, come un disegno su una lavagna di tanti anni prima, spiegato da una voce calda e calma. E maestra era la vita, ora, da molto tempo.