
Apprestarsi al meriggio,
fidando nei gesti appresi
e all’avaro pensare,
al fraintendere
che è richiesta.
Scorrono semi d’intuito,
scintille che non appiccano fuochi,
e anelano aria pulita,
come la mano che sente dell’acqua la carezza
ne scioglie gl’innumeri fili.
È così l’aria che di noi serba impronta
e mescola allegra ignare persone,
e non conosce la direzione del caso
ma avvolge di refoli tiepidi la pelle,
il viso, il corpo che l’accoglienza indiscreta.
Così è la luce, e il sospendere la penna sul foglio,
aspettando che la parola si colmi,
mentre è il senso che riempie
e ferma ogni tempo,
lo confonde, lo quieta.
Dolce e inerme, è il restare,
sospesi e inconclusi
come ogni buono che ci attende.
Willy, questa poesia ha una bellezza unica. L’ho letta seguendo i suoi ritmi lenti, meditativi e leggeri, con la penna in mano, come fosse un invito a continuare a scoprire, oltre il meriggio. Grazie 🙏🏼
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Grazie a te Frida sei sempre gentile. Sono lieto ti piaccia 🤗
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Bravissimo!
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Grazie 🤗
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La ricettività e il gesto. È come se la poesia, proprio nel momento della sospensione della penna, mostrasse il conflitto o l’unione tra queste due forze primitive: il luogo e il passo, la culla e la direzione. Buona giornata Roberto.
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Un senso di aspettativa così difficile da descrivere… 👏 🥰
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Grazie Mimì 🤗
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doppiamente grazie Nadine, per la tua lettura che sempre mi sorprende e per la giornata che ti ha ascoltato. 🤗
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